FINANZA E MERCATI Il Sole 24 Ore 03 LUGLIO 2021
Alibaba, Ma dà in pegno una quota alle banche per ottenere maxi prestiti
Insieme al cofondatore Joe Tsai possiede titoli per 35 miliardi di dollari
Alberto Annicchiarico
I maggiori azionisti individuali di Alibaba, il gigante cinese dell’e-commerce, il cofondatore Jack Ma e il vicepresidente e cofondatore Joe Tsai, imprenditore e filantropo taiwanese con cittadinanza canadese proprietario della squadra di Nba Brooklyn Nets, hanno dato in pegno una parte della loro quota di 35 miliardi di dollari nel gigante dell’e-commerce in cambio di prestiti significativi dalle banche, secondo quanto riportato dal Financial Times, che ha citato documenti aziendali.
Le azioni sono state date in pegno da società offshore che controllano più della metà della partecipazione del duo in Alibaba, che si attestava al 5,8% a dicembre, secondo il quotidiano della City. Società che con la nuova legge antimonopolio cinese possono essere soggette a ispezioni da parte delle autorità di Pechino. I documenti non hanno rivelato l’importo dei pegni sulle azioni, che sono iniziati quando Alibaba si è quotata negli Stati Uniti nel 2014. Tuttavia Ma e sua moglie avrebbero incassato circa 11,4 miliardi, soprattutto a partire dal 2017. La fondazione di beneficenza di Ma avrebbe venduto altri 4,1 miliardi. Tsai avrebbe venduto circa 5,4 miliardi di dollari.
I due miliardari hanno dato in pegno le loro azioni a banche tra cui Ubs, Credit Suisse e Goldman Sachs, secondo il quotidiano. Alibaba ha dichiarato a FT che il cofondatore Ma «e i suoi affiliati» al momento non hanno prestiti in essere garantiti dalle azioni della società. Nel caso del vicepresidente Tsai, i suoi prestiti in essere garantiti da azioni sono «facilmente gestibili, con un rapporto loan-to-value (valutazione del rischio che gli istituti fi nanziari e altri istituti di credito esaminano prima di approvare un prestito) prudente che lo mette al riparo dall’attivazione di una margin call». Queste operazioni sono diffuse tra i manager cinesi per raccogliere denaro da investire (Jack Ma lo ha usato anche per un castello e dei vigneti in Francia e per un Gulfstream 650ER, un jetprivato acquistato anche da Tsai) senza perdere il controllo delle loro società o inviare segnali negativi al mercato vendendo azioni.
Intanto, Alibaba, già multata in aprile per 2,78 miliardi di dollari dalla Amministrazione statale per la regolamentazione del mercato (l’Antitrust cinese) per abuso di posizione dominante, va incontro a nuovi guai nel braccio di ferro in corso da mesi con il potere politico e che è costato a Jack Ma una sorta di ostracismo di fatto, che lo ha visto scomparire dalla scena pubblica e perdere posizioni (oltre che una quindicina di miliardi di patrimonio) nella classifica dei miliardari globali. Oggi è al numero 26 secondo Forbes, con 46,7 miliardi.
Proprio ieri l’Antitrust ha pubblicato una bozza di regole per punire le attività illegali sui prezzi, inclusa la pratica da parte delle piattaforme online di addebitare prezzi diversi in base al comportamento di acquisto dei clienti.
Le regole sono un’ulteriore mossa dell’Amministrazione statale per la regolamentazione del mercato, che ha già comminato multe, avviato indagini e lanciato avvertimenti ai giganti dell’e-commerce.
«Le pratiche sui prezzi sono diffuse tra le piattaforme online ed è un problema insidioso per i consumatori perché non è molto facile da individuare», ha commentato a Bloomberg Lu Zhenwang, ceo di Wanqing Consultancy con sede aShanghai.
I consumatori nel corso degli anni si sono lamentati sui social media perché le piattaforme di e-commerce non applicano lo stesso prezzo per le stesse offerte. Tra le pratiche vietate dalle regole proposte venerdì ci sono sussidi che promuovono offerte sottocosto.
La violazione delle regole potrebbe comportare una multa dallo 0,1% allo 0,5% dei ricavi annuali di un’azienda o addirittura la sospensione dell’attività.



