La Repubblica
Green&Blue
La Terra si riscalda e gli oceani rilasciano sempre più CFC-11: strato di ozono in pericolo
di Giacomo Talignani
I clorofluorocarburi rilasciati dai mari, secondo una previsione del MIT, già nel 2075 cominceranno a mettere in serio pericolo la difesa naturale che protegge la Terra dalle radiazioni ultraviolette
16 MARZO 2021
Uno dei problemi più importanti relativi all’emergenza climatica che stiamo vivendo è quello dei “rilasci”. Le temperature elevate e le dinamiche dovute al surriscaldamento globale stanno infatti implementando sempre più il rilascio di gas, composti chimici, sostanze: dal metano rilasciato dallo scioglimento del permafrost ai vari rilasci di CO2 sino a quello di CFC dagli oceani, ci avverte ora una nuova ricerca. E questo è un problema. I clorofluorocarburi, noti come CFC, sono composti chimici che riducono lo strato di ozono. Sono dannosi quando raggiungono la stratosfera, ma se se ne stanno “buoni” in fondo agli oceani del mondo, oggi enormi depositi di sostanze chimiche e gas, possono rimanere tranquilli per secoli.
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18 Febbraio 2021
Ora però, ci raccontano gli scienziati, gli oceani potrebbero rilasciare sempre più CFC, in particolare i CFC-11. In un nuovo studio apparso su Proceedings of the National Academy of Sciences i ricercatori del noto MIT, Massachusetts Institute of Technology, raccontano come stanno osservando una nuova tendenza, ovvero quella degli oceani che passano da pozzi secolari di sostanze chimiche dannose per l’ozono a magazzini pronti a rilasciare queste sostanze. In particolare, dopo aver studiato e usato i CFC marini per tracciare per esempio le correnti oceaniche, gli studiosi si stanno concentrando sui CFC-11 che se rilasciati possono influenzare le concentrazioni atmosferiche. C’è persino una data, non così lontana: gli scienziati prevedono che entro il 2075 gli oceani emetteranno più CFC-11 nell’atmosfera di quanto assorbono, emettendo dunque quantità rilevabili del composto chimico entro il 2130. Con l’aumento del surriscaldamento si teme che questi cambiamenti avverranno sempre prima e le emissioni permarranno per più tempo in atmosfera. Questo, in sostanza, significa una serie di complicazioni per lo strato d’ozono.
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Ecco allora che la dottoressa Susan Solomon e i colleghi del MIT che hanno partecipato alla ricerca ci avvertono che l’analisi della provenienza e delle dinamiche dei CFC-11 potrebbe aiutarci a capire come intervenire, laddove possibile, per esempio entro i termini del Protocollo di Montréal, trattato internazionale nato per ridurre proprio la produzione e l’uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono, come i clorofluorocarburi.
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Il CFC-11 è un composto chimico che viene usato per esempio nel campo dei condizionatori, per produrre refrigeranti e schiume isolanti. Se emessa nell’atmosfera questa sostanza innesca una reazione a catena che alla fine distrugge l’ozono, il nostro prezioso strato che protegge la Terra dalle dannose radiazioni ultraviolette. Essendo dannoso, dal 2010 proprio seguendo il Protocollo di Montreal il CFC-11 è stato pian piano eliminato e i livelli del composto presenti in atmosfera sono stati assorbiti dagli oceani (circa il 10% di tutte le emissioni di CFC-11) prodotte. Continuando a diminuire in atmosfera e accumulandosi negli oceani, secondo gli scienziati quando i mari si satureranno passeranno da pozzo a fonte, rilasciando i composti. “Per un po’ di tempo le emissioni umane sono state così grandi che ciò che stava finendo nell’oceano è stato considerato trascurabile – afferma Solomon – ora invece mentre cerchiamo di sbarazzarci delle emissioni antropiche scopriamo che non possiamo più ignorare completamente ciò che sta facendo l’oceano”.
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Secondo il nuovo studio, che ha elaborato diversi modelli sulle possibili concentrazioni di CFC-11 rilasciate in atmosfera e sull’impatto del surriscaldamento negli anni a venire, l’oceano inizierà a emettere più sostanze di quante ne ha assorbite a partire circa dal 2075. Entro il 2145 l’oceano avrà emesso CFC-11 tali che saranno persino rilevabili dalle attuali attività di monitoraggio. Il cambiamento climatico farà accelerare questi processi. “In generale, un oceano più freddo assorbe più CFC. Quando il cambiamento climatico riscalda l’oceano, questo diventa un serbatoio più debole che si esaurirà più velocemente” ci avvertono gli esperti che concludono ricordandoci che “per ora abbiamo aperto alcune nuove grandi domande e abbiamo dato un’idea di ciò che potrebbe accadere”.
Immagini : The Economist



