L’editoriale di una rivista di settore titolava lo scorso settembre: “L’Italia vaso di coccio tra le grandi concentrazioni della distribuzione e dell’industria”.
Siamo d’accordo con il direttore e vi dimostreremo il perché.
Tra i vari esempi di crescita molto forte della Gd straniera, oltre a Carrefour e a Wal-Mart, veniva citata Tesco che – diceva l’editoriale – ha una “presenza rilevante” in Corea, Tailandia, Malesia, Cina e che sta entrando in India.
Dopo la visita alla Coop svizzera, abbiamo avuto la fortuna di poter visitare un’altra area dove Tesco è molto forte: l’Europa centrale, che per l’azienda significa Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.
In tutto 65 milioni di abitanti, con reddito crescente. Addentrandoci tra gli scaffali del modernissimo Tesco del centro commerciale Arena, nella periferia di Budapest, abbiamo potuto notare la quasi totale assenza di prodotti alimentari italiani.
Se Tesco commercializza un Parma Dop in vaschetta della sua linea “italiano” quando si arriva al banco salumi e formaggi una delle immagini che lo decora è quella di una forma di Parmigiano-Reggiano di cui però nel banco non vi è neanche uno spicchio. I formaggi sono prevalentemente tedeschi o francesi.
La pizza surgelata è tedesca, del dr. Oetker. Nella pasta, piatto ormai abituale delle famiglie ungheresi, abbiamo contato 4 referenze di Zara e una di Barilla, gli spaghetti n°5.
Un po’ poco di fronte alle tante referenze di Panzani, i cui spaghetti, tra l’altro, costano di più come se la qualità fosse migliore di quella nostrana. Stesso discorso nei vini dove abbiamo trovato una sola referenza di Antinori.
Essendo gli ungheresi ancora forti bevitori, nel comparto dei liquori ci si aspetterebbe di trovare una grappa. E invece niente, a fronte della Metaxa greca.
A guardare questi scaffali non si direbbe che l’Ungheria sia il paese che ha avuto il maggior incremento a valore e in volume tra il 2006 e il 2007 in importazioni di prodotti alcolici italiani (fonte Federvini, +30% e +48,8%, rispettivamente).
Le uniche altre marche italiane con una presenza, seppur ridotta all’osso, sono Lavazza, Segafredo, Ferrero (Kinder e Nutella), Rio Mare e A 27 (dolci freschi). Non si riesce a capire se la pasta fresca, della linea quick and easy, sia prodotta in Italia perché fuori dall’Ue i prodotti possono avere un’etichetta con la sola dicitura “made in the Eu”, anche se c’è da dubitarne visto che non fanno parte della linea “italiano” sopraccitata.
Completando il giro del centro possiamo consolarci sorseggiando un caffè Illy o Segafredo nei due bar italiani presenti.
La rivista di tendenza che si trova nei ristoranti in di Budapest si chiama Gusto e parla di italomanìa ma possiamo esserne contenti se poi i nostri prodotti autentici e di qualità sono così difficili da trovare?
Di Giuseppe Caprotti, Mark Up – febbraio 2009