I brand hanno a disposizione solo 12 secondi per catturare l’attenzione degli under 40. Ecco come fare per conquistare il mercato dei giovani
di Francesca Milano,
Non sono nativi digitali, non sono assunti a tempo indeterminato, non sono sposati, non sono disposti a sacrificare al tempo libero. Dei millennials sappiamo perfettamente cosa non sono. Ma quanto sappiamo, davvero, di quello che sono? Partiamo dall’anagrafe: i millennials sono nati tra il 1980 e il 1995. Rappresentano il 17% della popolazione italiana e sono la prima generazione che si deve confrontare con un contesto economico poco promettente. Hanno dovuto dire addio al posto fisso senza avere nemmeno avuto il tempo di desiderarlo e hanno risposto diventando startupper.
L’età media dell’avvio dei primo business in proprio, infatti, si è abbassata: i millennials che diventano imprenditori hanno in media 27 anni. I loro padri e le loro madri, invece, aprivano il primo business a 35 anni.
A fotografare questa “generazione cerniera” è una indagine presentata da Bain & Company, una indagine da cui emerge lo stravolgimento dei consumi degli under 40: sono sempre connessi, ma amano ancora fare shopping nei negozi fisici; sono poco “fedeli” ai gestori di servizi e preferiscono cambiare spesso aderendo alle migliori offerte del momento; il 60% ordina cibo a domicilio almeno una volta al mese; e per loro la sharing economy non riguarda solo le auto (il 55% usa il car sharing) ma anche i vestiti (il 36% si dichiara interessato al pay-per-use).
Il 77% sceglie il canale online per fare operazioni bancarie di base, ma per le scelte più complesse (come il risparmio) cerca ancora la consulenza di un esperto in filiale. La banca viene scelta sulla base dei consigli di amici e familiari, ma i millennials sono anche attenti al prezzo dei servizi, che comparano grazie agli strumenti online.
Nell’era dei social network per le aziende e sempre più difficile trovare la giusta chiave per catturare l’attenzione dei millennials, iper bombardati da informazioni 24 ore al giorno. Dedicano a ogni singolo messaggio solo 12 secondi, ed è proprio in questo brevissimo lasso di tempo che i brand devono tentare di conquistarsi il loro interesse. Ma come?
«Non prodotti ma emozioni, non per tutti ma per me»: questo è il motto che emerge dalla ricerca presentata durante il Next Gen Summit 2019 al Sole24Ore. Non sono i bisogni a convincere i millennials a spendere, ma le emozioni. E per stimolare emozioni serve convincerli che un singolo prodotto sia pensato pensato su misura, sia esclusivo.
È questa la sfida che oggi i brand devono provare a vincere, scardinando le vecchie regole del mercato che hanno funzionato fino alla generazione X (i nati dal 1960 al 1979). Il rischio – per non riesce a stare al passo con la generazione dei millennials – è quello di restare tagliato fuori dalla Gen Z, la prossima generazione, quella dei nati tra il 1996 e il 2010. Sono loro il vero “cambiamento”: sono la prima generazione nativa digitale.
Secondo lo studio di Bain, la generazione Z è una generazione phigital, pragmatica e attivista: al contrario dei millennials che sono nati in un mondo analogico e poi migrati nel digitale, i giovanissimi Z sono nati in un contesto in cui il digital è completamente integrato e l’esperienza fisica è qualcosa da scoprire.
Con la Gen Z il mondo dei consumi cambierà radicalmente: mangeranno sempre più fuori casa, si affideranno all’online per informarsi, vivranno a pieno il concetto della sharing economy, saranno meno individualisti e più attenti alle cause ambientali e ai diritti delle persone.
Saranno questi driver a motivare le loro scelte di consumo ed è per questo che i brand hanno bisogno di fare la loro conoscenza quanto prima.