Cover: Armando Testa
IMPRESE E TERRITORI
Il Sole 24 Ore
29 APRILE 2021
INDUSTRIA ALIMENTARE
Campagna del pomodoro, caos di prezzi ed inchieste
In Toscana agricoltori in allarme: forniture a rischio per i sequestri alla Petti
In Puglia lo sfruttamento degli immigrati torna sotto i riflettori
Micaela Cappellini
È cominciata nel caos la campagna nazionale 2021 del pomodoro industriale, le cui piante vengono seminate proprio in questi giorni. La prima ombra riguarda la produzione in Toscana: gli agricoltori della Cia sono in allarme per la sorte dei mille ettari coltivati a pomodoro destinati all’impianto livornese di Venturina del gruppo Petti (senza dimenticare De Cecco). Lunedì scorso i carabinieri avevano sequestrato 4.477 tonnellate di conserva di pomodoro nel deposito Italian Food del gruppo. L’accusa è quella di frode: i fusti di pomodoro etichettati come “100% italiano” o “100% toscano” contenevano in realtà prodotto semilavorato e concentrato di provenienza extra-Ue. Secondo l’accusa, la produzione e commercializzazione fraudolenta di conserve falsamente etichettate sarebbe stata «sistematica», e non una tantum.
«Se confermato dalla indagini – ha detto ieri Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana – il comportamento dell’azienda è assolutamente da stigmatizzare e mette ancora più in evidenza come l’aumento della domanda di questo prodotto renda necessaria una maggiore valorizzazione, anche economica, del pomodoro maremmano». In Toscana sono coltivati a pomodoro circa 2mila ettari,buona parte dei quali vanno tradizionalmente allo stabilimento Petti: uno stop produttivo a Venturina potrebbe pregiudicare non solo l’occupazione presso lo stabilimento, ma l’intera filiera del pomodoro, tanto che alla questione si sta interessando la Regione Toscana.
Sul pomodoro e la sua origine si segnala che chi dovrebbe vegliare non lo sta facendo : .. ” l’interruzione della ricerca scientifica che ha consentito alla Stazione sperimentale di identificare con certezza l’origine del pomodoro utilizzato nelle conserve”…
Anche la trattativa sul prezzo 2021 del pomodoro da industria scontenta gli agricoltori: «Quest’anno c’erano tutte le condizioni per fissarlo su livelli equi, ma ancora una volta ad essere penalizzati sono i coltivatori», ha detto Fabio Girometta, responsabile del settore per Cia Emilia Romagna. A fine febbraio l’Organizzazione interprofessionale del Nord Italia, che rappresenta oltre 36.600 ettari coltivati a pomodoro, ha fissato in 92 euro a tonnellata il prezzo di riferimento per il 2021, ma l’obiettivo degli agricoltori era di non scendere sotto i 95-97 euro: «Noi produttori abbiamo assistito a un aumento del costo dei mezzi tecnici, mentre le industrie possono contare su un’impennata dei prezzi dei derivati del pomodoro – spiega Girometta – non c’è quindi corrispondenza tra la remunerazione della materia prima di qualità fornita dalle imprese e le condizioni favorevoli per l’industria. Anche se il prezzo stabilito è superiore allo scorso anno, non ci permette di coprire i costi superiori che saremo costretti a sostenere nella campagna 2021».
Per il Centro e il Sud Italia, invece, il prezzo di riferimento non è stato ancora fissato :«Confidiamo che tenga conto dell’aumento importante che stiamo registrando sui costi di gestione e dei fattori di produzione», sostiene Anna Rufolo, responsabile settore ortofrutta della Cia. In compenso, nel Mezzogiorno è tornato prepotentemente sotto i riflettori il tema dello sfruttamento degli immigrati nelle piane della Capitanata foggiana. Lunedì Sinayogo Boubakar, un lavoratore del Mali iscritto alla Flai-Cgil, è stato ferito da un colpo di fucile mentre rientrava nel ghetto di Rignano, il più grande della provincia. «È ora che lo Stato si faccia carico di quello che sta succedendo al ghetto – sostiene Raffaele Falcone, segretario della Flai Cgil di Foggia – le leggi per bloccare i caporali ci sono, ora bisogna farle rispettare. Così come è necessario intervenire sull’accoglienza dei lavoratori extracomunitari». Nei ghetti del foggiano,come Rignano o Borgo Mezzanone – dove ieri notte è scoppiato un incendio – vivono migliaia di persone, ma solo il 30% di loro è irregolare, cioè è senza permesso di giorno. Quasi tutti, però, lavorano in nero: «Chi ha un contratto in regola guadagna sui 50 euro al giorno, tutti gli altri si fermano a 35», racconta Falcone.
Al lavoro nero, poi, si aggiunge quello grigio: «Nel 2020 gli stranieri iscritti negli elenchi anagrafici dell’Inps erano 32.341 – spiega la Cgil pugliese – oltre un terzo di loro, però, non riesce a raggiungere le 50 giornate di lavoro perché i loro datori di lavoro registrano molte meno giornate di quelle effettivamente svolte. In Puglia il tasso di irregolarità è elevato: nel 2019 le ispezioni sono state 1.538, a fronte di78mila imprese attive, e il 55,2% risultava non in regola».
Pubblicato il 29 aprile, aggiornato l’8 maggio 2021