Milano il 26 ottobre 2013. Riaggiornato il 1° ottobre 2015, con il contributo determinante di Marco Gualtieri.
Sopra: il comandante Alfred Dreyfus viene degradato davanti agli Invalidi, a Parigi, e la sua spada viene spezzata pubblicamente.
Sotto una sintesi della sua vicenda
Dreyfus fù anche diffamato, aggredito dalla folla inferocita, con pugni e sputi , e poi tenuto prigioniero per anni:
isolato, non doveva esprimersi, scrivendo.
Così sono stato io per anni, prigioniero della paura di dire la mia verità
Al Sana, la fiera del biologico nel 2000
Padri e figli , quando forse ci si poteva pensare prima
C’era una volta la famiglia Lombardini che aveva un gruppo distributivo che comprendeva supermercati, ipermercati, cash and carry e discount.
Lombardini nonno l’aveva creato , Lombardini padre l’ha venduto e i tre figli sono rimasti “a piedi”.
Ma arriviamo ai fatti più recenti: Lombardini padre ha venduto, pezzo dopo pezzo, l’azienda.
La scorsa primavera erano rimasti i discount LD per i quali si era fatto avanti un fondo d’investimento. Gente seria e rispettabile.
Costoro avevano proposto di comprare la maggioranza e di lasciare una minoranza a due dei tre figli . Il terzo, Giulio, era uscito dall’azienda sette anni fa. La proposta del fondo era , quindi, incentrata sulla continuità gestionale della famiglia Lombardini. Quella della nuova generazione.
Il padre non ha neanche voluto incontrare il fondo d’investimento e ha venduto tutti i discount ad un’altra catena, dimostrando di non credere nelle capacità dei figli di rimanere in azienda con un ruolo secondario. Gli acquirenti credevano alla continuità familiare, il padre no.
Peccato che il figlio maggiore, Emilio Lombardini, 48 anni, abbia lavorato 24 anni nell’azienda di famiglia.
Certamente ci sono sorti peggiori della sua. Ma quel che gela il sangue in questa situazione è la totale mancanza di rispetto per il figlio : gli anni passati in azienda non hanno pesato nella decisione, Emilio non è stato interpellato sulla vendita (le azioni erano tutte in mano al padre) e non è stato contemplato un suo possibile futuro lavorativo.
I potenziali acquirenti ritenevano questi 24 anni di esperienza un asset importante per il loro investimento. Il padre no. Con quale logica?
Anche supponendo che il padre abbia ritenuto il figlio incapace di continuare, questa valutazione non poteva essere fatta prima?
Non si poteva dirglielo – ad esempio – sette anni fa, quando l’altro fratello, Giulio, se n’era andato?
Perchè aspettare 24 anni?
L’accordo finale è stato siglato il 30 settembre 2013 e il Gruppo Lillo ha deciso di fare questa pubbicità il 6 ottobre.
L’unico “rovescio della medaglia” che riesco a immaginare è lo stato d’animo dei figli davanti alla vendita della loro azienda, quella nella quale hanno vissuto e riversato le loro energie per qualche decennio.
E a questo proposito non posso non fare un accostamento tra questa situazione, la mia e le vicende del protagonista del film “Ufficiale e gentiluomo”, con Richard Gere e Debra Winger.
Nella pellicola l’aspirante ufficiale e pilota personificato da Gere si fa beccare dal sergente che lo sta addestrando ad “arrotondare” facendo lavoretti non regolamentari: vende servizi ad altri aspiranti ufficiali che non riescono a tenerte i ritmi di pulizia e di ordine nelle proprie uniformi, etc.
Quando il sergente cerca di costringerlo a ritirarsi ( gli dice : “ti sbatto fuori”) dal corso per aspiranti piloti Richard Gere gli risponde, con rabbia, quasi piangendo, di non farlo, che “non saprebbe dove altro andare” e che lui “non ha nient’altro”(v. immagine sotto).
Tante volte, nei continui momenti difficili in Esselunga, ho pensato alla situazione qui sopra descritta: io non avrei saputo dove andare! Sì perchè l’amore , la passione che si mettono nel proprio lavoro e nella propria azienda è parte essenziale e fondamentale della propria vita. E’ la vita stessa.
E allora cercavo di tenere duro, finchè la convivenza con mio padre non è più stata possibile e mi è stato fatto capire molto chiaramente che era meglio che mi togliessi di mezzo.
Comunque il “non sapere dove andare” non è una questione di soldi, di potere o di status: ricordo perfettamente una guardia di Esselunga, di quelle che stavano all’entrata di Limito, che da pensionato, tornava sempre a trovare gli ex colleghi perchè non riusciva a capire che fosse finita.
Non sapeva dove andare, tranne che nella “sua” azienda, dagli ex colleghi.
I casi “Gere”- Caprotti- Lombardini presentano qualche similitudine. Se il personaggio interpretato da Richard Gere avesse ceduto alle pressioni del sergente avrebbe avuto un congedo disonorevole, come me.
In più io sono stato additato ingiustamente, a mezzo stampa, come un incapace. Senza che mio padre me ne parlasse e me ne spiegasse le ragioni.
Sopra: un documento di congedo disonorevole dell’esercito americano.
Per avere un congedo onorevole ci vuole un punteggio che il personaggio interpretato da Gere non avrebbe potuto raggiungere, a causa dei suoi “peccatucci”.
Non credo Lombardini padre si comporterà come il mio ma rimane il mistero di una scelta crudele nei tempi e nei modi, anche perchè Emilio non è mai entrato in contrasto con il padre, che io sappia.
Nel caso di Emilio, che avrebbe potuto avere solo un ruolo secondario (è giusto ricordarlo) la decisione finale è ancora più incomprensibile.
Mi viene spesso chiesto “perchè tu e tuo padre non vi riconciliate?”
Rispondo perchè prima di tutto bisogna essere in due a volerlo.
E poi per farlo bisogna che non ci sia disprezzo e rancore. Il rapporto tra padre e figlio dovrebbe essere alla pari. E purtroppo non è così.
Il prof. Massimo Dattrino – foto sotto – a maggio di quest’anno mi ha descritto nelle memorie presentate in arbitrato, in termini falsi e calunniatori.
Dalla memoria di Massimo Dattrino del 21 maggio 2012, indirizzata al Collegio Arbitrale:
sui prezzi : l’accusa è falsa ma in proposto potete leggere Un aggiornamento sui prezzi e altri dati in Esselunga
sui derivati : anche questa accusa è falsa ma potete farvi un’idea leggendo “Tutto su mio padre”
sull’e-commerce posso dire: vero ( ho voluto l’e-commerce e l’ho sviluppato) ma, per farvi un’idea più precisa, vi consiglio di leggere Esselunga e l’e-commerce, ovverosia Esselunga a casa
E io sarei stato un incapace e vigliacco, che – dopo il disastro (quale? ) l’avrebbe abbandonata.
Chi mi conosce sa che che un paragone simile non neanche lontanamente accennabile. E infatti, invece di nascondermi, sono qui ad affrontare una realtà dove le riconciliazioni, davanti a certe affermazioni che personalmente trovo ridicole, diventano molto difficili, se non impossibili.
Non ho querelato Dattrino perchè ho letto le sue parole solo ora. Ormai sono decorsi i termini per un’eventuale denuncia. All’epoca ho letto solo la parte legale perchè la parte personale mi dava molto fastidio.
Avevo lasciato la lettura e le repliche ai miei avvocati che, all’epoca hanno deciso di non “mettere benzina sul fuoco” di un arbitrato, di per se, già molto sgradevole.
Sgradevole perchè violenta nel profondo affetti e legami che sono alla base della nostra stessa esistenza. Senza che ve ne sia motivo alcuno. Almeno io e mia sorella Violetta, non siamo ancora riusciti a trovarlo. A spiegarcelo. Ma sgradevole anche perchè nella responsabilità sociale dell’azienda si deve anche fare tutto il possibile per dare fiducia e certezze alle migliaia di persone che vi lavorano. Direttamente e indirettamente.
Nel frattempo ho querelato Lorenzetto, spiegando le mie ragioni e ho dato la mia versione dei fatti più importanti in un’intervista su L’Espresso.
Una cosa vera però Dattrino l’ha scritta: mio padre desiderava “ardentemente” che io entrassi in azienda a fine anni ’80. I miei amici di sempre se lo ricordano benissimo: avrei potuto intraprendere un’altra carriera ma no, bisognava assolutamente che io entrassi in azienda!
E allora mi domando : ci volevano 18 anni per capire che che non sarei stato il futuro di Esselunga?
La mia storia parla da sola. Fin dall’inizio non mi sono sottratto a nulla. Il mio obiettivo è sempre stato quello di conoscere a fondo il mercato e la stessa Esselunga. Ho fatto quella che si definisce la gavetta. Sono l’unica persona che conosco che, da azionista (o presunto tale), ha fatto l’operaio per un anno e mezzo. E poi tutti i gradini successivi per farmi esperienza e crescere in azienda. Per conquistarmi la posizione che, di volta in volta, avevo il privilegio di ricoprire. E quindi non solo per grazia ricevuta. Per dare a mio padre il giusto riconoscimento e orgoglio. Per dare garanzia a tutti sul mio impegno e sulla mia responsabilità.
Ma una incapacità ha prevalso su tutto. L’incapacità del dialogo. E in questo gli incapaci sono più d’uno. Padre e figli.
Forse la frase di Costantini nel libro Alle radici del male (Marsilio, 2012) ci si addiceva :
“Avevamo una sola cosa in comune noi due papà. L’incapacità di vivere insieme”.
Ricordo che agli inizi degli anni 2000 mio padre mi disse che anni addietro aveva pensato che “quella in gamba” tra noi due fratelli fosse Violetta e che poi però si era dovuto ricredere.
Lo disse con una faccia che non nascondeva il suo dispiacere: noi non ci assomigliavamo per niente mentre Violetta era la sua preferita, da sempre.
Questa preferenza non le è servita a molto , visto che due anni fa ha deciso di cancellarla.
E sì perchè Dattrino, a maggio 2013, ha anche scritto che :
“essendo ben noto che il dott. Bernardo Caprotti , quale proprietario e ‘gestore’ di dette società – Esselunga etc. -, è l’artefice (esclusivo) dei brillanti risultati economici da esse conseguite”
escludendo a priori le ultime leve e i figli (ovviamente!) vien da domandarsi :
E i cofondatori Marco Brunelli, Claudio e Guido Caprotti?
E gli “americani” che – oltre a essere cofondatori e azionisti di maggioranza – l’avevano impostata impostata dal 1957 al 1965?
Oltre a Nelson Rockefeller ho sempre sentito parlare di quanto avessero lavorato i signori Richard W. Bogart (primo a.d. di Esselunga) , Dick Simpson e Roland Hood.
E tutti i dirigenti della vecchia guardia che hanno “dato il cuore e la vita” per l’Esselunga?
La lista è lunga:
Paolo De Gennis,
Giovanni Maggioni,
Sergio Leogrande,
Luigi Guaitamacchi,
Roberto Del Zotto (quello della perizia psichiatrica),
Aldo Ferraro,
Corradi,
Innocenti,
Adriano Evangelisti,
Calo Gadda,
Arnaldo Zappa,
Giancarlo Pelarin,
Sergio Pelassa,
Vittorino Brambilla,
Romeo Telli,
Alberto Bianchi,
Marino Fineschi,
Cesare Redaelli,
Carlo Alberto Corte Rappis,
Aldo Botta,
Pietro Del Favero,
Rino Orenti,
Renzo Buti,
Claudio Arnoldi,
Vittorio Cocchi,
Caiazzo,
Guaitamacchi Bruna
Arturo Melzi
Dario Buzzi
Nicola Lista
Andrea Cerrato
Renzo Fossati e molti altri ancora i cui nomi mi sfuggono ora …
Comunque Violetta, rea di aver difeso un fratello bollato come un imbecille e vigliacco, è stata “cancellata” e definita – con me – come un ingrata.
La morale del C’era una volta alla fine qual’è?
Lombardini padre ed il mio hanno in comune un aspetto fondamentale: l’incapacità di creare i presupposti di un dialogo tra padre e figli. E il dialogo deve iniziare nell’infanzia dei figli, che vanno trattati alla pari, anche se sono piccoli.
Il dialogo presuppone il “parlarsi” quotidiano, la condivisione dei successi comuni (tanti nel caso nostro) e la critica costruttiva degli errori.
Invece noi, e mi riferisco ai Caprotti, dopo una suddivisione dei compiti iniziata a metà anni ’90 nella cucina di via del Lauro (e cioè a casa nostra: all’epoca dissi che mi piaceva il commerciale mentre a mio padre piaceva l’immobiliare, l’architettura.. e così , piano piano ci siamo suddivisi i compiti) non ci siamo più incontrati veramente.
Dattrino ha giustamente detto che, riferendosi a me, “gli venne lasciata tutta l’autonomia possibile” ma devo aggiungere che non esisteva un momento di comunione : non esisteva un comitato di direzione, nei consigli d’amministrazione non si parlava di cose importanti e io e mio padre ci vedevamo poco e ci parlavamo ancor meno.
Ognuno andava su dei binari che non si incontravano mai: lui nell’immobiliare e nello sviluppo, io nella parte commerciale e operativa. E quando alcune volte ci siamo incontrati l’abbiamo fatto male, non abbiamo mai trovato i modi e gli approcci giusti.
Come capita a tutti, anche mio padre e il Lombardini padre, quando le cose non vanno nel modo che loro vorrebbero imporre o che vorrebbero imporre, forse dimenticando che spesso affetto e complicità possono beneficiare di alcune divergenze di carattere, portano la situazione ad un livello di esagerazione dove però, anche nei casi in cui si rendono conto di aver esagerato, rimangono prigionieri in loro stessi e di quella mancanza d’impostazione del dialogo iniziale.
E alla fine con il disprezzo e le falsità non si va da nessuna parte.
Non di rado, in molte aziende italiane i rapporti padre- figli sono impostati male. Spesso questo è stato causa effetto di incomprensioni e scontri. Ancora più spesso gli asti e i dissapori sono stati dovuti all’incomprensibile (da parte dei padri) disinteresse delle nuove generazioni nel lavoro fatto dal proprio genitore: “ma come mio figlio, io ho fatto tutto questo per te e a te non interessa nulla?”. Cosa che non è avvenuta nè con me e mia sorella , nè con i fratelli Lombardini. Noi siamo nati nelle aziende di famiglia, ne abbiamo respirato i successi e le difficoltà, ci abbiamo dedicato le nostre vite e le aziende sono diventate la nostra vita. Ma qualcosa evidentemente non ha funzionato.
Andrea ed Emilio Lombardini troveranno , prima o poi -(glielo auguro di cuore), un posto “dove andare” ma nulla , in famiglia, potrà essere più come prima!
“La cosa peggiore da sopportare non è il dolore fisico, – disse Altman.- Credimi, lo vedo tutti i giorni. E nemmeno la morte. Addirittura nemmero la paura di morire.
-E allora qual’è la cosa peggiore?
– L’umiliazione. Essere privati dell’onore e della dignità.
Essere spogliati , emarginati dal branco. Questa è la punizione peggiore, essere sepolti vivi”
Jo Nesbo, “Il leopardo”
Condividi questo articolo sui Social Network


