
Mettere a confronto le due migliori aziende del mercato italiano genera un insieme di domande a cui non si riesce a dare una priorità: non si capisce se la domanda principale debba essere, meglio Esselunga o meglio Eurospin?oppure prima ancora occorra domandarsi, meglio il modello di business del supermercato tradizionale nella stretta correlazione Grandi marche e Retail, oppure oggi è meglio il modello di business dove il supermercato prescinde dalle Grandi Marche ed offre solo suoi Brand? E’ ancora oggi il servizio il vero valore aggiunto in risposta al libero servizio delle formule di vendita che provengono dal Discount? Questa pubblicazione coinvolge molti aspetti del Bilancio e quindi delle spese che ogni azienda sostiene, e ne verifica il ritorno economico finanziario. L’articolo è stato scritto a quattro mani dal dott. Giuseppe Di Napoli ed il Dott. Andrea Meneghini.
Il modello Esselunga trova nella sua origine il segreto della sua qualità nelle prestazioni di vendita: ogni attività deve essere svolta in modo da creare meno costi possibile. Fare il distributore significa acquistare merci, farle arrivare al proprio magazzino, gestirne lo stock, organizzarne l’evasione presso i propri punti di vendita che, di fatto, sono ulteriori piccoli magazzini con vaste aree dedicate alla vendita al pubblico. La movimentazione della merce dal magazzino centrale allo scaffale di ogni singolo negozio deve essere realizzata nel rispetto della maggiore economicità possibile. Inoltre le merci selezionate nell’assortimento devono assolutamente rispettare la qualità della prestazione in una logica di categoria che deve rispondere alle esigenze dei propri consumatori. Facile da scrivere, molto meno da applicare.
L’evoluzione di questi basilari concetti negli anni ’90 ha portato alla costruzione di un modello di business unico nel nostro Paese e molto vicino ai migliori standard europei: lo studio del comportamento dei consumatori e la loro fidelizzazione nella relazione stretta tra prodotti a scaffale e consumatore finale è uno dei perni della modernità fortemente voluti da Giuseppe Caprotti, nello stesso periodo in cui anche in UK Tesco faceva una fondamentale svolta strategica che l’avrebbe portata alla assoluta leadership nel suo mercato.
Esselunga della fine degli anni ’90 e principio degli anni 2000 era un fulcro di creatività: la macchina perfetta veniva ritoccata alla luce dell’enorme cambiamento in atto dopo l’arrivo dei francesi nel nostro Paese, gli assortimenti venivano aggiornati, la comunicazione iniziava il suo punto di svolta facendo fare un grosso balzo in avanti all’azienda e creando un solco ancor più grande tra essa ed i concorrenti.
La (giovane) storia del mass market retail italiano ed europeo ci ha insegnato che le grandi innovazioni sono state realizzate prevedendo i trend di consumo ed anticipandone le reali esigenze. Il Bio in Esselunga alla metà degli anni ’90 è un lampante esempio di quanto appena scritto, così come lo è il cambio di strategia che il format Discount ha compiuto e sta compiendo, soprattutto Lidl, da qualche anno a questa parte.
Chi lo ha detto che Esselunga non si può comparare con Eurospin?
E’ bene, adesso, fare una riflessione ritornando a tal proposito al benchmark dello studio: è vero che Esselunga ha un business model differente rispetto a quello di Eurospin, ma ciò non significa che non possano essere messi a confronto.
Attenzione, non si tratta di una “excusatio non petita”, perché in passato Mediobanca è stata oggetto di critica al riguardo. Da un lato è ovvio che i presupposti che creano le differenze sono evidenti: l’assortimento costruito con le Grandi Marche è, in re ipsa, più costoso sia in acquisto che alla vendita, e questo forte differenziale di base deve essere messo in evidenza. Non solo: le metrature sono più estese portando la redditività per metro quadrato a valutazioni che hanno origine da presupposti diversi. E’ soprattutto la numerica delle referenze inserite ad essere molto diversa tra il modello di business di Esselunga e quello di Eurospin: infatti dalle 15-18 mila di Esselunga si arriva alle 2.000-2.300 di Eurospin.
Però il mercato di riferimento è lo stesso, ovvero la vendita di prodotti alimentari ai consumatori. Ciò significa che il consumatore, indistintamente, è libero di fare la spesa alla Esselunga oppure all’Eurospin e quindi, di fatto, entrano in diretta concorrenza.
Non solo: ogni azienda si caratterizza per investimenti rivolti alla crescita sul mercato cercando di conquistare ancora più consumatori e più fatturato. Ciò nella pratica si traduce anche in diretta concorrenza nell’acquistare spazi per costruire negozi ed arrivare a nuovi consumatori: in un’asta o in una eventuale trattativa per un determinato terreno si incontreranno sia Esselunga che Eurospin con il medesimo obbiettivo, e non è scontato che una azienda abbia più risorse dell’altra.
Chi, pertanto, afferma che sono modelli differenti e che non ha senso metterli a confronto (riflessione pubblicata anche da qualche esperto retail in passato, a critica – totalmente sbagliata – della relazione di Mediobanca) è bene suggerire loro di provare ad osservare il mercato dalla parte di chi è in grado di trasformarlo, ovvero il consumatore, e non dalla parte di chi sta in catena di montaggio.
Passiamo, dopo questa lunga premessa, ad analizzare le prestazioni delle aziende sottoposte a benchmark in altri aspetti del Bilancio.
Le Spese per servizi
Così come in tutti i Bilanci la voce “spese per servizi” accoglie una serie di costi necessari per il normale andamento dell’attività commerciale, nel Bilancio di Esselunga si evidenzia che l’aumento della voce (rispetto al precedente Bilancio del 2016) è riferito ad operatività strettamente connesse alle vendite ed allo sviluppo commerciale; in particolare l’incremento del costo del trasporto è in linea con l’incremento dei volumi e del fatturato.
Le voci affitti passivi e spese condominiali sono quasi interamente riferite agli immobili utilizzati per la vendita al dettaglio. Vi sono poi una serie di costi che fanno riferimento alle utenze, costi di pulizia, costi di manutenzione, etc, come accade in tutte le aziende.
Dentro questa grande voce di costo (che pesa il 10,2% del fatturato) si nasconde, però, anche una voce che risulta particolarmente strategica per la GDO: pubblicità e marketing, ovvero i costi sostenuti per le campagne pubblicitarie come i volantini promozionali e la loro distribuzione.
L’investimento di Esselunga nel 2017 per le spese pubblicitarie e di marketing è pari a 70.620 milioni di euro nel 2017 contro i 68.480 del 2016.
Esselunga (vedi tabella 1) investe lo 0,9% del fatturato in pubblicità e marketing; Carrefour investe l’1,1% e Coop Alleanza l’1,4% (Bilanci 2017). Nel 2016 le risultanze non erano sostanzialmente differenti: Esselunga, come nel 2017, sosteneva costi che incidevano alla stessa maniera lo 0,9% del fatturato, mentre Carrefour nel 2017 ha scelto di diminuire gli investimenti rispetto all’anno precedente.
Un aspetto molto rilevante della strategia di Esselunga passa per la comunicazione: a riprova si può osservare come sia ingente l’investimento se rapportato alla numerica dei punti di vendita. Nel proseguo di questo articolo ne parleremo in maniera più approfondita.
Il Costo del Lavoro
Una voce molto importante nell’architettura strategica del Retailer è quella del costo del lavoro. Negli anni della crisi, con una legislazione piuttosto ossidata, questo peso per molte aziende si è rivelato fondamentale ed è stato uno degli aspetti verso cui tutti si sono rivolti per poter ottimizzare le attività aziendali e migliorare, quanto possibile, i costi e le incidenze dei medesimi. Purtroppo il concetto di costo del lavoro è rigidamente legato ai negozi ed alla loro numerica. Non sempre si può ottimizzare se un determinato modello di business ha come perno dell’offerta il servizio. Piuttosto il mondo Retail ha cercato, negli ultimi anni, di ottimizzare i costi legati al CeDi, ovvero ai costi che vengono sostenuti dalle Centrali Acquisti, ritenuti dai più migliorabili.
In Esselunga (Bilancio 2017) il costo del Lavoro ha inciso il 12% sul fatturato dell’azienda. Messo a confronto con i concorrenti questo dato si può considerare soddisfacente: l’incidenza di Carrefour (dato aggregato) è stata, nel medesimo periodo, del 11,3%, quello di Coop Alleanza 3.0 del 17,9% e quello di Eurospin del 6,4%.
Questi sono i dati come emergono dai Bilanci 2017, freddi e cinici. Tornando al ragionamento precedente, ossia che i modelli di business sono effettivamente molto differenti tra loro, la considerazione finale non è, però, quella secondo cui il benchamark non è da ipotizzare, invero bisogna fare un confronto proprio per capire quale modello di business può essere più adeguato al mercato (i consumatori) di oggi: “chissenefrega “se Carrefour inserisce nel fatturato i Cash&Carry, se inserisce le vendite intragruppo nel fatturato di una delle aziende, se le vendite in franchising sono altresì comprese, quando ciò che alla fine conta è quanto davvero incide il costo del lavoro su quel fatturato?
Ciò che il confronto davvero ci racconta sono due semplici concetti: il primo è che il modello di business di Eurospin, ovvero del format discount, ha un impatto sul costo del lavoro tale che arriva ad incidere la metà rispetto all’incidenza di Esselunga. La seconda informazione è che il costo di Coop Alleanza, ma già si è scritto, appare totalmente fuori dai confronti in atto.
La variabile della numerica dei punti di vendita
Sia nel caso dei costi di pubblicità e marketing che per il costo del lavoro, in una analisi di benchmark assume un aspetto fondamentale la numerica dei punti di vendita.
Nei Bilanci del 2017 Esselunga ha dichiarato di possedere 156 punti di vendita, il dato aggregato di Carrefour (i tre Bilanci 2017 di GS Spa, SSC srl, e Dì per Dì Srl) descrive il possesso di 473 punti di vendita, Coop Alleanza ha dichiarato 357 punti di vendita ed il dato aggregato di Eurospin (Lazio, Sicilia, Puglia, Tirrenica e Spesa Intelligente) dice 691 negozi.
Abbiamo cercato di legare a questa numerica di negozi dichiarata nei Bilanci una somma di metri quadrati: supportati dalla nostra Mappa della GDO abbiamo incontrato il dato preciso di Esselunga (486.435 mq), abbiamo trovato un dato statistico di Carrefour (737.735) data la presenza di alcuni Cash che abbiamo tolto dal conteggio assieme al valore degli acquisti con un ricarico del 30% e data la distribuzione nei negozi in diverse società che fanno riferimento alle tre principali, ed abbiamo trovato il dato di Eurospin (599.360 mq) in maniera completa.
Da qui possiamo iniziare a fare alcuni ragionamenti e comprendere quali sono le redditività per dipendente nel caso del costo del lavoro e, nel caso dei costi di marketing, i diversi atteggiamenti delle tre aziende.
Partiamo proprio da questo esame. Il costo di pubblicità e marketing comprende sostanzialmente i costi che sono destinati alla comunicazione delle attività promozionali: produzione e distribuzione dei volantini, affissioni, pubblicità sui media, etc. Non c’è dubbio che il costo della comunicazione promozionale sia ingente e che dipenda, altresì, dalla numerica dei punti di vendita. Esselunga, nelle note al Bilancio, ha specificato che l’aumento del costo della pubblicità è dovuto all’aumento del business, che significa anche aumento dei negozi. Più negozi si hanno, più bacini di utenza vengono coperti, più spese vanno sostenute. In valore assoluto il costo sostenuto da Esselunga è ragguardevole, se si considera la numerica dei negozi. Come si può notare nella tabella 1 in proporzione per ogni negozio di Esselunga vengono investiti 453 mila euro, contro i 148 mila di Carrefour ed i 145 di Coop Alleanza. Una differenza ragguardevole che porta in evidenza una precisa strategia che si distingua nettamente dai competitor.
Dall’altro lato, entrando nell’analisi del costo del lavoro e parametrandolo ai metri quadrati ed alla numerica dei punti di vendita, è possibile verificare qual’è la redditività per metro quadrato ed al fatturato prodotto per ogni singolo dipendente (inteso come Centrale acquisti e magazzino e singoli punti di vendita).
Esselunga ha dichiarato a Bilancio 2017 22.004 dipendenti, determinando un fatturato per dipendente pari a 342 mila euro. Carrefour, con la stessa logica, secondo i dati dichiarati a Bilancio, esprime una migliore performance: ogni dipendente sviluppa 405 mila euro. L’azienda più performante risulta Eurospin che, per ogni dipendente, produce 577 mila euro, mentre la peggiore risulta Coop Alleanza 3.0 con 194 mila euro.
Il fatturato per metro quadrato è tutto appannaggio di Esselunga: secondo i calcoli derivanti dal fatturato dell’azienda e dalla numerica dei metri quadrati ottenuti dalla mappa della GDO ne discende una redditività per metro quadrato pari a 15 mila euro, contro i 9 mila di Carrefour ed Eurospin ed i 6 mila di Alleanza 3.0.
Sui 9 mila di Carrefour bisogna, però, stare attenti: nella pubblicazione ad esso dedicata, spiegammo che nel fatturato prodotto da GS Spa, in verità, si aggregavano diverse eccezioni, pertanto questo dato, come si suole dire, va preso con le molle. Non quello di Eurospin che invece è frutto completamente delle vendite al dettaglio, così come Esselunga.
L’Ebitdar: Esselunga la migliore
Esselunga è una azienda molto performante e lo dimostra già dall’esito della qualità del business prima di verificare il costo della rete (spese per affitti e noleggi ed ammortamenti e svalutazioni).
La somma delle entrate, determinata dalle vendite al dettaglio e dalle negoziazioni con i fornitori, meno i costi dei vari servizi e del personale, porta l’azienda ad un Ebitdar pari al 10,1%. Si tratta di un numero record, del miglior Ebitdar mai analizzato sino ad oggi.
Qui la differenza con i competitor si fa importante: Eurospin, che nella analisi di benchmark pubblicata circa sei mesi fa sui Bilanci del medesimo periodo, ne esce perdente nel confronto con Esselunga dato che la sua incidenza produce l’8,9% del fatturato. Carrefour, come già si scrisse a suo tempo, produce un Ebitbar pari al 4,7%, ovvero un valore che spesso non è sufficiente a coprire i costi della rete, mentre Alleanza 3.0 con il 2,5% di Ebitdar dichiara in modo palese una oggettiva difficoltà nello svolgere un business sano.
Nelle prossime pubblicazioni avremo modo di comprendere come le due migliori aziende (Esselunga ed Eurospin), o meglio ancora, in due modelli di business, si comportino nell’affrontare i costi della rete e poi quelli relativi agli investimenti (attraverso gli ammortamenti e le svalutazioni) ed agli interessi bancari. Oggi, però, abbiamo coscienza che, comunque vada, Esselunga nel 2017 ha realizzato una performance (nel fare profitto) migliore di tutti.


