La bella intervista di Aldo Cazzullo del 24 gennaio ( http://archiviostorico.corriere.it/2014/gennaio “Non sono scappato con una ballerina russa..”) ha risvegliato i miei ricordi sul rapporto che ho avuto con Fulvio Pierangelini e la sua famiglia, tanti anni fà.
Ma, per capire meglio la situazione, bisogna prima ricordare un episodio precedente al primo incontro con il mago del ristorante il Gambero Rosso.
Nel 1987 seguivo, per imparare il mestiere, lo storico direttore acquisti di Carne, Salumi, Latticini e Formaggi di Esselunga, Luigi Guaitamacchi (sotto,accanto a me, ad una premiazione dei capi reparto carne).
Una mattina andammo – come facevamo tutte le settimane- al vecchio mercato dei polli, a Milano.
Era il luogo dove s’incontravano i fornitori per discutere degli andamenti di mercato, dei prezzi e degli ordini del polli, dei tacchini, dei conigli, etc.
Vi incrociai il venditore della ditta Avedisco il quale mi disse “perchè non fate tortellini di pollo?“.
La cosa mi sembrò interessante, la riferii a mio padre il quale mi disse che era un’enorme cavolata.
Dopo qualche mese uscivano sui banchi Esselunga i tortellini al pollo “pensati” e realizzati da Bernardo Caprotti….
Cosa c’entra tutto questo con Fulvio Pierangelini?
Lo saprete tra poco, se avrete la pazienza di seguire il racconto che segue…
Conobbi la cucina di Fulvio Pierangelini a Castagneto Carducci, al matrimonio di Luciano Maranzana con Matilde Bagnoli, agli inizi degli anni ’90.
Ricordo perfettamente che Pierangelini aveva preparato, per quell’occasione, il suo famosissimo piccione.
Fantastico.
Poi, andando al mare vicino a San Vincenzo per una decina di anni, ebbi il modo di frequentare quello che, nonostante abbia mangiato in molti altri ristoranti di ottima qualità, considero tutt’ora il più grande chef italiano vivente.
Pensavo ad una collaborazione con Esselunga e gliela proposi:
iniziò a scrivere delle ricette per la rivista di Esselunga,
il cosidetto News…
vi scrisse anche la ricetta della sua famosissima passatina di ceci con gamberi!
Ovviamente nessuno dei due si voleva fermare a delle ricette e quindi organizzammo una cena a casa mia, a Milano, a fine 1997 perchè volevo incontrasse mio padre e mia sorella Violetta.
C’era anche mio nonno, Guido Venosta , che sarebbe mancato poco dopo.
Pierangelini, che era venuto con tutto lo staff e gran dispendio di tempo, energie e denaro (ricordo perfettamente la gran quantità di bottiglie di Sassicaia che aveva portato e che aveva poi lasciato a casa mia…)
Ci presentò tutta una serie di ravioli alle verdure che avrebbe poi potuto “costruire” per Esselunga, che non li aveva in assortimento.
Dire che la serata non fù un successo è dir poco: mio padre non lo considerò minimamente.
Fu gelido . Non fece neanche un complimento..
io ero in imbarazzo per il grande chef, la cui arte mio padre non aveva voluto comprendere.
Ma l’idea dei ravioli alle verdure piacque molto e mio padre che se ne appropriò, come aveva fatto con i tortellini di pollo.
Infatti, poco tempo dopo, ne uscirono sui banchi di Esselunga diversi tipi, concepiti da Bernardo Caprotti e dal dottor Renzo Buti, che allora era il direttore delle Produzioni.
La “morale” è che sia nel 1987 che nel 1997 avevo osato avventurarmi in un territorio che Bernardo considerava come “suo”.
E che all’epoca io fossi – dal 1996 – già Direttore Commerciale significava poco:
lo sviluppo della rete dei supermercati, l’urbanistica, le costruzioni e le manutenzioni, le Produzioni (come si vede bene anche dall’episodio del 2002 delle dimissioni di Bernardo Caprotti poi rientrate [*] non potevano essere toccate,
A scapito anche di progetti ultra – qualitativi, come avrebbe potuto essere quello dell’ ineguagliabile Fulvio Pierangelini ( e di Giuseppe, che per ben due volte, era stato totalmente by-passato da suo padre).
[*] i limiti di questi ambiti non erano chiari : sia io che mio padre lavoravamo in parallelo, senza che ci incontrassimo (non c’era un Comitato esecutivo interno..).
Per fare un esempio sull’ambiguità degli ambiti nel 1999, al momento del lancio di Esselunga Bio, svariati prodotti biologici, come ad esempio i gelati prodotti dai nostri stabilimenti, vennero decisi da me e dai vari dirigenti preposti e lanciati senza che Bernardo avesse da ridire alcunchè.
Di solito lui era interessato soprattutto a pasta e piatti pronti. Il resto non lo considerava.
Il sottoscritto ha , ad esempio, smontato gli storici impianti di tostatura del caffè a marchio Kegusto o Khan (Esselunga) , senza che lui proferisse verbo.
Mio padre ed io riuscimmo anche fare qualche prodotto insieme ma era molto difficile che andassimo d’accordo, se non episodicamente.
Per i rapporti padre- figlio leggi anche “Tutto su mio padre“.
Dopo quella serata tremenda a casa mia , in Via del Lauro a Milano, ci limitammo ad andare a cena al Gambero Rosso, quando eravamo in Toscana d’estate .
Ricordo perfettamente che , durante una di queste cene, mio padre e mia sorella Violetta ebbero un’accesa discussione su Zunino.
Lei criticò aspramente la scelta di mio padre di appoggiarsi , per lo sviluppo, su Luigi Zunino che io, all’epoca non conoscevo.
Era un’estate dell’inizio degli anni 2000.
Le critiche di Violetta si protrassero nel tempo e l’accenno all’ “azionariato” nella nota di mio padre del 2003 sotto, riguardavano lei.
p.s.: i fatti successivi in Esselunga e altrove dettero ragione a Violetta e Bernardo Caprotti gli tolse la fiducia. Da notare come nella lettera ci considerasse degli azionisti, cosa che poi rinnegò otto anni dopo, nel 2011, quando ci tolse le azioni.
Tornando a Fulvio Pierangelini il rapporto, ovviamente, scemò.
Lui si comportò come un signore e non disse nulla ma io ero in gran difficoltà per l’accaduto e soprattutto molto dispiaciuto e frustrato per quel che non era successo la fatidica sera nella quale era venuto a Milano!
Un vero e proprio peccato per Pierangelini, per me e anche per Esselunga.
Redatto il 26 gennaio 2014. Aggiornato il 26 giugno 2020



