Reati alimentari, abrogata la legge che stabiliva le sanzioni. Il commento di Roberto Pinton
Redazione Il Fatto Alimentare 19 Marzo 2021 Controlli e Frodi Commenti
Nel 1962 una Fiat 500 costava meno di 400 mila lire e una lussuosa Alfa Romeo Giulietta TI (stava per Turismo Internazionale) poco più di un milione e 500 mila. Lo stesso anno, la legge 283/1962 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande) sanzionava con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda da 200 mila (il valore di mezza 500) a 5 milioni di lire (più del triplo della Giulietta) chi avesse posto in vendita:
- sostanze private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate ad altre di qualità inferiore o trattate in modo da variarne la composizione naturale,
- in cattivo stato di conservazione;
- con cariche microbiche superiori ai limiti di legge;
- con aggiunta di additivi non autorizzati o senza l’osservanza delle norme prescritte per l’impiego.
Tutto ciò testimonia la forte deterrenza ai reati alimentari che il legislatore intendeva introdurre a tutela della salute pubblica e della leale concorrenza. Se poi la violazione riguardava la presenza di residui di pesticidi tossici o la vendita di sostanze “insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive”, l’arresto arrivava a tre mesi, ma l’ammenda alternativa poteva raggiungere i 20 milioni. Con la rivalutazione Istat, i 5 e i 20 milioni di lire del 1962 equivalgono alle rispettabili somme di 63.482 e 253.931 euro di oggi. Va detto che l’entità iniziale delle sanzioni è stata nel tempo aggiornata senza seguire in parallelo l’inflazione.
Prima che il Decreto legislativo n. 27 del febbraio scorso la abrogasse (assieme a un Regio decreto del 1928 sulla vigilanza sanitaria delle carni), comunque, l’ultima versione della legge 283/1962 prevedeva ammende da 309 a 30.987 euro per le violazioni di uno dei primi quattro punti e da 2.582 a 46.481 euro per la vendita di alimenti alterati o contaminati da residui pesticidi o parassiti.
È stata abolita la legge 283/1962 che stabiliva le sanzioni per i reati alimentari
La norma era sopravvissuta al provvedimento “taglia leggi” del 2010 (qualcuno ricorderà l’allora ministro per la Semplificazione normativa Calderoli dar fuoco a favore di telecamera agli scatoloni contenenti migliaia di leggi e provvedimenti antecedenti il 1970 che venivano abrogati). Si è però piegata alla necessità di adeguare il diritto nazionale a quello europeo, e in particolare al regolamento n. 625/2017 che stabilisce norme comuni a tutti i Paesi UE per i controlli ufficiali sulla filiera agroalimentare per la protezione della salute umana, della salute e del benessere degli animali e della sanità delle piante. Assieme alla legge sui reati alimentari, il nostro ordinamento perde anche il Dpr n.327/1980 che, con un ritardo non da poco, ne introduceva il regolamento d’applicazione.
Il regolamento europeo per adeguarsi al quale è intervenuta l’abrogazione prevede però anche che le infrazioni delle norme in materia di filiera agroalimentare dovrebbero essere punite in tutta l’Unione con sanzioni a livello nazionale effettive, dissuasive e proporzionate, la cui severità tenga conto dei potenziali danni alla salute umana che ne possono derivare. Per essere sufficientemente deterrenti le sanzioni pecuniarie devono essere superiori al vantaggio indebito che deriva da pratiche fraudolente o ingannevoli.
In un mercato sempre più globalizzato e interconnesso, l’ammodernamento del quadro normativo ci sta tutto e l’adeguamento al diritto sovranazionale è una necessità ineludibile (e spesso più che benvenuta: le norme europee sono frequentemente più avanzate di quelle nazionali). Ma, diciamocelo, saremmo stati tutti più consapevoli di vivere in un Paese efficiente, più felici (e più tranquilli) se a seguire il decreto legislativo che abrogava la legge la Gazzetta Ufficiale avesse presentato il provvedimento che istituiva il nuovo quadro sanzionatorio in sostituzione di quello precedente di cui si è fatta tabula rasa.
Il legislatore avrebbe potuto introdurre il nuovo quadro sanzionatorio per i reati alimentari contestualmente all’abrogazione della vecchia legge
È vero che esiste pur sempre il codice penale (approvato con un regio decreto del 1930, non il massimo della modernità), con gli articoli:
- art. 439 (Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari, reclusione non inferiore a quindici anni, pubblicazione della sentenza e interdizione da 5 a 10 anni)
- art. 440 (Adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, reclusione da 3 a 10 anni, pubblicazione della sentenza e interdizione da 5 a 10 anni),
- art.444 (Commercio di sostanze alimentari nocive, reclusione da sei mesi a tre anni e multa non inferiore a 51 euro, pubblicazione della sentenza e interdizione da 5 a 10 anni) .
- art. 515 (Frode nell’esercizio del commercio, reclusione fino a due anni o multa fino a 2.065 euro, pubblicazione della sentenza)
- art. 516 (Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, reclusione fino a sei mesi o multa fino a 1.032 euro, pubblicazione della sentenza)
- art. 517bis (aggravante alla vendita di prodotti industriali con segni mendaci, reclusione anche oltre due anni e multa anche oltre 20 mila euro: in caso di particolare gravità o recidiva specifica, possibile chiusura dello stabilimento da cinque giorni a tre mesi, ma anche revoca dell’autorizzazione che consente lo svolgimento dell’attività, pubblicazione della sentenza),
Tuttavia, a parte il dubbio effetto di deterrenza di una sanzione da 51 o anche da 1.032 euro, questi articoli coprono solo parte delle fattispecie. Il che fa temere armi spuntate agli organi di vigilanza, meno contestazioni e un certo numero di pronunce “il fatto non è più previsto dalla legge come reato” in barba all’obiettivo di garantire la sicurezza e la salubrità di alimenti e mangimi e un ordinato funzionamento del mercato interno.
Chi si sarebbe fatto male se contestualmente all’abrogazione della legge 283/1962 si fosse approvato il disegno di legge “Nuove norme in materia di reati agroalimentari” presentato in Senato nell’aprile 2018 (basato sul molto enfatizzato rapporto 2015 della commissione presieduta dal magistrato Gian Carlo Caselli, prima firmataria la biologa Elena Fattori, segretaria della commissione Agricoltura), assegnato alle diverse commissioni competenti, ma di cui non è ancora iniziato l’esame?
Per avere in mano il quadro sanzionatorio per le violazioni alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011 (l’attuale testo base sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori) abbiamo aspettato per sei anni il decreto legislativo n. 231/2017. Per avere in mano quello relativo alle violazioni alle disposizioni del regolamento (UE) n.1924/2006 (il testo base sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute sui prodotti alimentari) abbiamo dovuto aspettare per 10 anni buoni il decreto legislativo n. 27/2017. Francamente troppo, se la prevenzione, la tutela dei consumatori, la trasparenza del percorso produttivo e distributivo e la salvaguardia del patrimonio agroalimentare interessano davvero e non solo nei discorsi di circostanza.
Roberto Pinton – esperto di produzione biologica



