La qualità dei prodotti italiani è decisamente superiore a quella degli alimenti statunitensi,
leggi in proposito : Mandorle siciliane contro mandorle californiane, un oceano di differenze
Sintesi : Pesticidi, irrigazione artificiale e micotossine negli USA, colture autoctone e lavorazioni tradizionali in Sicilia.
Il maggior costo della frutta secca made in Sicily esprime una serie di valori che è bene conoscere, prima di compiere scelte affrettate…
Nota bene che la superficie per produzione di mandorle in California è raddoppiata dal 2000 al 2018 ed è un controsenso perchè chi aspira a cibi “più salutari”, come la frutta secca, contribuisce a un maggior inquinamento (negli USA).
Tutte le pubblicità dell’Armando Testa, come quella sulle noci, sono presenti su questo sito.
Allarme dei produttori dell’Emilia-Romagna: la frutta secca americana esportata a un terzo del prezzo locale Aiuti di Stato federali e sovrapproduzione californiana mettono a rischio filiere italiane e investimenti agroalimentare Dumping sulla frutta secca
L’invasione delle noci Usa manda ko il mercato
Ilaria Vesentini (il Sole 24 ore- dicembre 2020)
Forse è improprio definirlo dumping, ma gli aiuti senza precedenti del governo Trump agli agricoltori americani, proporzionali ai volumi produttivi e commerciali, sommati all’aumento esponenziale delle superfici piantumate stanno determinando un tale crollo dei prezzi delle noci – e della frutta secca più in generale – da mettere a rischio la sostenibilità delle produzioni nostrane.
Proprio in un momento in cui il nostro Paese – la Romagna in prima fila – sta investendo su filiere locali di alta qualità e nel periodo critico: tra ottobre e dicembre, sotto le festività natalizie,l’industria della frutta secca ed essiccata si gioca quasi la metà del fatturato annuale.
«Gli Stati Uniti sono il primo esportatore mondiale di noci, l’80% del fabbisogno europeo arriva dalla California, ma le loro noci arrivano qui a prezzi che sono un terzo di quelli italiani, valori con cui non copriamo neppure i costi di produzione», sottolinea Alessandro Annibali, amministratore delegato della New Factor, azienda riminese specializzata nella commercializzazione di frutta secca per la Gdo (42 milioni di fatturato, un’ottantina di dipendenti), capofila delprogetto In-Noce, nato tre anni fa in Romagna, in filiera con venti aziende agricole, per sviluppare una nocicolturamoderna (intensiva, meccanizzata e irrigua) secondo il modello californiano.
I sussidi Usa agli agricoltori
Dietro al MFP-Market Facility Program di Trump c’è formalmente un contrattacco alle «ingiustificate ritorsioni e perturbazioni degli scambi commerciali» messe in atto dalla Cina di Xi Jinping, attraverso un piano di aiuti federali senza precedenti, stanziati dal 2019 a favore dei “farmers Usa”: complessivamente 16 miliardi di dollari, tra i 14,5miliardi di pagamenti diretti, 1,4 miliardi di acquisti di prodotti agricoli da parte dello Stato per fini “sociali” e altri100 milioni di sostegno alle esportazioni in nuovi mercati. Ai produttori di noci americani arrivano dal governo 146 dollari ad acro (circa 59 dollari a ettaro, al cambio attuale 49 euro) fino a un massimo di 500mila dollari per azienda. Si stima che con tali sovvenzioni un terzo del costo alla produzione dei nocicoltori californiani sia coperto dal governo, motivo per cui le “walnuts” a stelle e strisce arrivano in Italia sugli scaffali a meno di 3,4 euro al chilo (agli agricoltori Usa vanno meno di 2 dollari, circa 1,64 euro), il nostro costo di produzione.
La scommessa romagnola
Numeri che preoccupano gli investitori italiani: solo il progetto In-Noce coinvolge 500 ettari, che arriveranno alla piena produzione entro il 2025 e copriranno un quarto dei volumi nazionali: oggi produciamo in Italia 19milatonnellate, proiettate tra cinque anni a 30mila (si arriverà così a coprire oltre la metà dei consumi interni, che viaggiano tra le 50 e le 60mila tonnellate l’anno).
Il problema è che tutto il mondo sta piantando noci: la produzione europea sta crescendo del 12% l’anno e la California, che solo quest’anno ha aumentato del 20% la raccolta, arriverà a produrre, con i nuovi impianti, un milione di tonnellate di noci nel 2025.
Aiuti proibiti dal Wto
«Quelli messi in pista dal Governo Trump con il Market Facility Program sono aiuti accoppiati, legati a produzione ed export, che alterano il prezzo e quindi il mercato, non sono ammessi dalla Wto, non rientrano nel Green Box, usando la terminologia dell’Organizzazione mondiale del commercio sugli aiuti governativi non distorsivi – sottolinea Paolo De Castro, primo vicepresidente della commissione Agricoltura e Sviluppo rurale -.
I nostri produttori hanno ragione a lamentarsi, perché la politica di Trump è stata sempre in barba a qualsiasi politica internazionale.
Non vediamo l’ora che si insedi Joe Biden e che ripartano i tavoli negoziali: la nostra agricoltura sta pagando un prezzo altissimo alle politiche di Trump.
Ricordo che formaggi come Padano e Parmigiano reggiano pagano oggi il 25% di dazi quando entrano in Usa, un quarto del prezzo in più. Da Est a Ovest è in atto una guerra che falsa il libero mercato, senza vincitori: siamo tutti vinti».
Simbolo di questa guerra è il caso Boeing-Airbus. La Wto, dopo aver autorizzato Washington a introdurre tariffe fino a 7,5 miliardi di dollari per i sussidi illegali dell’Ue ad Airbus, ha ora concesso all’Europa di imporre a sua volta sanzioni fino a 4 miliardi di dollari (3,3 miliardi di euro) alle importazioni dagli Usa in risposta agli aiuti distorsivi di Trump a Boeing.
Non sono stati definiti ancora importi e tempistiche dell’entrata in vigore dei nuovi dazi comunitari, ma nella lista dei prodotti agricoli e industriali che beneficeranno di tariffe dal 15 al 25% sono incluse anche noci e arachidi.
Noberasco e la lezione turca
Ciò che gli Stati Uniti fanno per noci, mandorle, arachidi o anacardi, lo fa anche la Turchia per sostenere i coltivatori di nocciole (le nocciole turche valgono il 70% del mercato mondiale) anche se non attraverso sovvenzioni dirette ma comprando la produzione in eccesso per mantenere artificiosamente alti i prezzi.
«Chi come noi lavora in questo mercato da più di un secolo è abituato a fare i conti con le altalene dei listini – racconta Mattia Noberasco, Ceo dell’omonima casa ligure nata nel 1908 che ha sdoganato i consumi di frutta secca dentro e fuoricasa, nonché primo importante produttore italiano di noci – e l’esplosione della produzione americana era attesa, già prima della pandemia c’erano avvisaglie di criticità.
Il Covid ha azzerato i flussi dagli Stati Uniti verso Cina, India ed Emirati che hanno perciò invaso l’Europa. I prezzi hanno toccato minimi mai visti prima anche perché la California ha fatto un raccolto record, a fronte del mercato estero in forte frenata.
Ma i fornitori americani mi dicono che le sovvenzioni di Trump sono servite più a evitare crac aziendali che ad alimentare la competitività dei farmers locali».
I prodotti di filiera made in Italy sono ancora una piccola nicchia del business, Noberasco – 115 milioni di euro di fatturato totale, è leader in Italia nei datteri, con il 30% del mercato, enei fichi secchi con il 40% – ma dopo il successo del progetto di “Filiera certificata dell’arachide italiana” lanciata lo scorso settembre con Bonifiche Ferraresi e Sis-Società italiana sementi, ora Noberasco punta a sviluppare nuove filiere italiane nella frutta secca e disidratata.
L’arachide è un legume, si pianta a marzo e si raccoglie in settembre, non richiede 5-7 anni per entrare in produzione come noci, mandorli o noccioli: «Sono investimenti molto rischiosi con la scarsa visibilità del mercato che si ha oggi, anche puntando su semi autoctoni e alta qualità di filiere locali, per questo per ora non li abbiamo affrontati», spiega Mattia Noberasco.
La battaglia del made in Italy
«Penso che il problema principale sia la sovra-offerta di prodotto californiano, un dumping strutturale più che politico – interviene Mario Zani, direttore generale della ravennate Euro Company, quasi 350 dipendenti e 107milioni di euro di fatturato nella frutta conservata secca ed essiccata . Quando 20 anni fa andavo in California vedevo frutteti di tutti i tipi, ora viaggio lungo strade che per 200 chilometri ininterrotti attraversano monocoltivazioni di mandorli o di pistacchi o di noci.
E stanno entrando adesso in funzione i nuovi impianti installati 5 anni fa, i volumi aumenteranno ancora. Noi risentiamo marginalmente di questa concorrenza perché lavoriamo pochissimo sulle commodities e non riforniamo discount, ma è ovvio che si fa più fatica a vendere anche i prodotti locali di qualità se il prezzo americano è un terzo di quello italiano».
Euro Company sta scommettendo sulla valorizzazione delle filiere tricolori, a partire dalla nocciola del Viterbese e dalla noce di Sorrento, e su varietà autoctone. «Il vero nodo è l’approvvigionamento, oggi un terzo di ciò che vendiamo è “made in Italy”, l’obiettivo è arrivare almeno al 50% – prosegue Zani – ma bisogna estendere gli accordi con gli agricoltori garantendo loro ex ante un prezzo remunerativo, tramite contratti pluriennali in cambio di investimenti sulla qualità».
Sulla politica estera (e commerciale) di Donald Trump : Donald Trump lascia Gli Stati Uniti isolati sulla scena mondiale.
Sull’ agricoltura puoi leggere quanto ho dichiarato a Presa Diretta, considerando che quella italiana sta perdendo valore aggiunto da anni.
In proposito puoi leggere anche : In Italia 1 milione di aziende agricole ha chiuso dal 2003 ad oggi. Con esse sparita una parte importante del Made in Italy alimentare
Sull’argomento, e specificatamente sulle nocciole e la Ferrero, leggi qui.
Aggiornato il 31 gennaio 2021



