«Nella città-laboratorio di Esselunga. Ma quanta ostilità»
Giuseppe Caprotti parla del suo libro alla Feltrinelli: «A Novoli una volta hanno cercato di picchiarmi»
Firenze e Esselunga, un legame che inizia nel 1961 quando l’azienda esce per la prima volta dai confini lombardi per aprire un supermercato nel capoluogo toscano, in via Milanesi. E dove poi all’inizio degli anni Novanta nascerà il primo superstore a Novoli.
Con queste altre storie la nostra città entra nel libro Le ossa dei Caprotti, edito da Feltrinelli, una storia italiana che intreccia le vicende di una famiglia lombarda con la grande realtà imprenditoriale dei supermercati Esselunga, facendo luce su quelle che sono le sue vere origini, a partire da un gruppo di manager americani capitanati da Nelson Rockfeller, consigliato a sua volta dalla CIA. La racconta Giuseppe Caprotti primo genito di Bernardo, attraverso testimonianze e documenti in editi, dossier, ma anche vicende personali legate al difficile rapporto con il padre, che hanno portato a una insanabile rottura. Vicende di cui per anni si è parlato sui giornali, che oggi trovano una risposta seria e documentata nelle quasi quattrocento pagine del libro.
Nel riscoprire la verità sull’azienda, Caprotti, ieri alla libreria Feltrinelli, tocca anche Firenze, dove ho vissuto per due anni, dal 1989 fino alla metà del 1991. Anno in cui ha portato numerosi cambiamenti, tra cui il «localismo», laddove fino a quel momento la Toscana era considerata da Milano come una «colonia» dove vendere prodotti lombardi. È grazie a lui se oggi all’Esselunga troviamo la carne chianina, i vini, i formaggi, i dolci toscani, il latte Maremma. È allora che sono state inventate le famose focaccine ispirate dal famoso locale del Forte: da Valé; che viene introdotta, nel reparto frutta e verdura, la merce sfusa. Si illuminano gli occhi a Caprotti quando parla dei suoi anni a Firenze. «Ho un rapporto bello con la città, per me è stato un laboratorio incredibile che ha fatto parte delle fortune della politica commerciale dell’Esselunga un momento di sviluppo commerciale che ha rivoluzionato tutta l’azienda».
Sorride anche quando ricorda il tenace avversario: l’agguerrita Unicoop di Turiddo Campaini, forte sui prodotti locali, con cui c’erano ostilità, ma anche grande rispetto. A Firenze Caprotti vive anche l’ultima fase degli scontri con i sindacati, fortemente radicati nel territorio. «Esselunga non scioperava, così gli scioperanti della Coop e della Conad (*) venivano a fare i picchetti davanti nostri supermercati. Una volta hanno anche cercato di picchiarmi a Novoli».
La luce negli occhi di Caprotti si spegne quando il pensiero torna alla sua storia personale, in cui entra ancora una volta Firenze, perché è qui, all’Hotel Londra, che il padre Bernardo lo fece sottoporre una perizia psichiatrica. La stessa luce che si è spenta allora, piano piano, quando tutto è diventato doloroso, fino all’allontanamento di Giuseppe dall’azienda nel 2004. «Davvero, papà, che peccato», sono le ultime parole del libro.
Francesca Tofanari
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(*) nella realtà erano i dipendenti della Coop e della Superal.


