[prima stesura del 24 ottobre 2015, ultimo aggiornamento del 21 novembre 2020]
Luigi Rubinelli fa il punto, promuovendo solo Esselunga, Coop e Conad e segnalando che le marche private, generalmente di qualità scadente, in Italia , stanno perdendo quota.
Ne avevamo già accennato in L’industria di marca riprende quota in Italia
Questo articolo è sempre molto valido, anche nel 2020:
Mdd, marca del distributore: cosa sta succedendo? Di Luigi Rubinelli
Ottobre 2015. La domanda di convenienza e di nuova promozionalità è davvero alta in Italia.
Per capire cosa vuol dire convenienza rimandiamo a un prossimo articolo. Scorporiamo tutte le varie voci che contribuiscono a concorrere al concetto di convenienza e concentriamoci sulla domanda di prezzo basso: probabilmente non è mai stata così alta in Italia.
RetailWatch è partigiano dell’every day low price, non l’abbiamo mai nascosto, anzi, ci siamo attirati più di qualche critica. Ma se la domanda di abbassamento dei prezzi (e le persone continuano a emigrare nei punti di vendita che offrono promozioni dell’IDM particolarmente basse, creando uno stato di infedeltà diffuso) risulta difficile capire come mai le Mdd, le marche del distributore, di insegna o di fantasia, di primo e di prezzo alto, non riescano a sfondare. Tutti gli elementi di scenario, tutte le coincidenze economiche e sociali giocano a loro favore. Eppure, come questa tabella di fonte IRi dimostra, le MDD fanno fatica a imporsi.Quando si parla di marche del distributore bisogna stare attenti perché IRi e Nielsen non possono rilasciare dati per insegna nelle loro statistiche, bisogna lavorare allora di fantasia e sostenere (nostra opinione) che solo Esselunga, Coop e Conad con le loro alte incidenze delle MDD sul fatturato hanno una proiezione sicuramente positiva e stanno cavalcando la domanda di convenienza che il Paese reclama e propone.
Ma le altre insegne?
Negli scorsi anni, e ancor oggi, le MDD sono una copia nemmeno fatta bene dei brand dell’IDM. Non tanto nel packaging (non che il pack sia poco importante) ma nel contenuto, nelle materie prime necessarie per produrre quel prodotto. I me too qui si sprecano davvero, con un risultato non confortante.
Altre volte abbiamo paragonato miele, biscotti e cioccolato di IDM e MDD sottolineando un gusto diverso e non all’altezza. Potremmo prendere altre categorie di prodotto ma il risultato non cambierebbe.
Purtroppo le marche del distributore pagano lo scotto di essere stati dei follower dei brand dell’IDM e nel 2014 hanno pagato l’eccesso di promozionalità dell’IDM stessa che, abbassando i prezzi ha messo sotto scacco le MDD di riferimento riducendo la distanza di prezzo fra le due. Al di là del prezzo (che, lo sottolineiamo nuovamente, è tutt’altro che una questione secondaria) rimane la formulazione e un pack decisamente sottotono delle MDD versus le IDM.
Questo gap sarà risolvibile soltanto con una profonda revisione dell’offerta da parte dei retailer a favore di un nuovo modo di differenziare gli assortimenti e quindi i diversi prodotti esposti sugli scaffale.
Probabilmente solo allora le MDD sapranno spiccare il volo e incrociare davvero la domanda di convenienza che in Italia continuerà a persistere.
Quota di vendita | Ponderata |
---|---|
In calo | 67,7% |
Stabile-in crescita | 32,3% |
Firmato: Luigi Rubinelli
Ma, aggiungo io, per le catene francesi come Carrefour e Auchan, molto dipenderà dai voleri dei rispettivi quartieri generali che sembrano prigionieri di una politica legata al discounting, ai primi prezzi.
Auchan : un packaging “sottotono”? (*) è il sottotitolo dell’articolo di Le Monde, che trovate di seguito, e che riguarda il futuro lancio delle private label nel non food è infatti :
“Pas question pour ces nouvelles marques, de porter le nom des enseignes qui le crèent, connotées trop low cost”
le nuove marche dei distributori non porteranno il nome delle insegne, Carrefour, Auchan, Casino, etc., perchè queste insegne sono connotate come troppo low cost.
Les distributeurs trouvent leurs marques LE MONDE ECONOMIE | 17.10.2015 à 10h55 | Par Cécile Prudhomme
Auchan s’ispira a Ikea o a Decathlon (catena di Auchan che vende articoli sportivi) :
Decathlon (**) ha separato l’insegna dai suoi marchi Quechua , Kipsta, Kalenji, Nabaiji o Aptonia.
Lo ha fatto con grande successo, se si considera che nell’abbigliamento sportivo dominano grandi marche come Nike e Adidas.
(*) dalla confezione di “patè” per cani fotografata dal sottoscritto all’Auchan Cinisello, prima che chiudesse, si direbbe proprio di sì, sono decisamente “sottotono”.
(**) il primo Decathlon in Italia ha aperto nel 1998 nel centro Esselunga di Corsico
Questi sono solo alcuni esempi delle marche di fantasia di Decathlon:
Carrefour ha fatto il marchio privato food e non food con il suo logo (ma ha pasticciato a lungo con loghi e colori) :
Auchan, invece, ha optato per il non food per una soluzione mista : per i prodotti tecnici come piccoli elettrodomestici e il cosidetto “bruno” (es.: le tv) ha un marchio di fantasia come Qilive:
- il rischio del marchio di fantasia (di Auchan) è che si scontri con la parte più bassa del mercato, senza dare – almeno in apparenza – le garanzie del marchio del distributore.
E quando parlo di parte bassa mi riferisco a bancarelle o supermercati cinesi.
Qui sotto : il regola barba con il marchio di fantasia Emi Power dei supermercati cinesi Au Mai, a Milano
- Il problema vero stà però nella formula dei prodotti a marchio , food e non food, Auchan:
marchio privato = primo prezzo (il “meno caro” in assoluto).
- E un’altro errore è stato quello di prendere come riferimento i prodotti di fantasia della Decathlon perchè questi non hanno veri competitor : nessuna catena della GD ha abbigliamento sportivo a marchio proprio.
Nel caso dei marchi privati di primo prezzo Auchan– food e non food – i riferimenti, invece, esistono eccome:
iper e supermercati italiani, supermercati cinesi , outlet, discount e mercatini hanno questo genere di prodotti e quindi Auchan ha finito per scontrarvici sui prezzi.
Le lenzuola di Auchan somigliano molto a quelle del supermercato cinese Au Mai (v. sotto)…
- E l’Italia, pur avendo un’ampia gamma di discount, bancarelle e supermercati cinesi, non è un mercato paragonabile all’Europa dell’Est.
I prodotti a marchio privato Auchan non sono quindi adatti al nostro mercato.
Vanno bene in Ucraina o forse in Polonia.
Non qui.
A maggior ragione nel cibo : gli italiani amano mangiare bene.
- In Italia poi il localismo, nel cibo, è fondamentale, come dimostra anche l’ultima trovata pubblicitaria di Ferrero sulla Nutella declinata, molto intelligentemente, con il buongiorno dialettale
Oltre a Ferrero altre grandi marche lo hanno capito e si muovono di conseguenza in Europa.
Leggi in proposito : Auchan : i “disastri” della politica commerciale (dove vanno i prodotti a marchio privato- 2016 )- Seguito


