Abbiamo segnalato le forti tensioni tra agricoltori francesi e la GD in Lidl, Carrefour e il localismo agricolo.
Gli agricoltori si lamentano delle condizioni imposte nei prezzi dalla distribuzione
In una delle tante manifestazioni di protesta hanno scritto sui porta prezzi del latte: “Questa insegna pela gli allevatori”
ma il problema sembra situarsi a monte, sul versante della produzione.
Tanto per fare un esempio : c’è troppo latte.
Le ragioni?
l’abolizione delle quote latte, avvenuta nel 2015 e l’attuale rallentamento dell’economia cinese che non richiede più latte in polvere come prima.
Ma c’è anche il fattore clima, che con le temperature clementi, ha peggiorato la crisi di sovraproduzione:
in alcuni paesi forti produttori di latte come Irlanda, Olanda e Danimarca i prati sono pascolabili anche d’inverno, le mucche continuano a produrre e il mercato continentale è “innondato” da grandi quantità di latte, visto che le quote – che inibivano la liberalizzazione- sono state eliminate nel 2015.
Lactalis, che in Italia possiede Parmalat, e che in Francia ritira 5,5 miliardi di litri all’anno, stà pagando in Francia il latte 270 € la tonnellata invece di 365 € come faceva nel 2014 (con picchi che avevano raggiunto i 400 €).
Danone lo paga 286 € la tonnellata.
E a Bruxelles, nonostante le sollecitazioni del primo ministro francese Manuel Valls, non s’intravedono soluzioni.
Ci sono poi i problemi francesi: la produttività degli allevatori è un quarto di quella dei danesi.
Un terzo degli allevatori francesi è sparito negli ultimi dieci anni.
Lactalis, che fattura 17 miliardi di € non vede nella vaolorizzazione del latte francese un asso nella manica per la commercializzazione dei suoi prodotti: “il nazionalismo non è un atout”, ha dichiarato.
Lactalis non vuole etichettare il latte con la nazione di provenienza perchè l’assenza di indicazione è meno costosa e le da più flessibilità: è possibile cambiare fonte di approvigionamento più facilmente.
Sull’etichettatura questa è la stessa posizione della maggioranza di Confindustria in Italia.
Nel 2014 la Francia ha esportato latticini per 7,3 miliardi di € e la sparizione delle quote latte favorisce chi ha le mucche al pascolo, come gli irlandesi e i neozelandesi che riescono ad essere profittevoli con un prezzo del latte pari a 250 € la tonnellata, mentre a quel prezzo gli allevatori francesi vendono sotto costo, perdendo soldi.
Viene favorito anche chi ha convertito i propri allevamenti al biologico che ormai ha raggiunto una quota di mercato pari al 10% di un mercato, quello del latte, dove quello bio continua a crescere mentre i consumi di latte tradizionale sono statici o addirittura in decremento.
Sistème U, Lidl, Carrefour, Auchan e Casino avrebbero sottoscritto una “carta del latte”, a tutela degli allevatori, ma le quattro super centrali francesi hanno una quota di mercato superiore al 92% ( Intermarchè con Casino: 25,9%- Carrefour con Cora : 24,8%- Auchan con Système U: 21,4% – Leclerc con Rewe: 20,3%) e , in un mercato depresso, starebbero chiedendo sconti incondizionati sul latte che vanno fino all’8%…
Lidl è una delle poche aziende che non fa parte di una Supercentrale e paradossalmente, pur essendo tedesca, è l’unica azienda che ha una politica chiara sulla provenienza dei suoi prodotti:
la Lidl ha intenzione di approvigionarsi solo di maiale “Made in France” e sta attuando una politica in difesa degli allevatori di mucche da latte francesi
Ogni litro di latte a marchio privato della Lidl 3 centesimi vanno agli allevatori. L’obiettivo è quello di “raccogliere svariati milioni di €” per la categoria
paradossalmente sono due discount, in Francia e in Italia, che fanno campagna per l’utilizzo del latte italiano
pagina di Eurospin sul Corriere della Sera del 9 marzo 2016.
Eurospin, nel 2014, ha fatturato 4,1 miliardi di €, fonte: Mediobanca. E’ la catena che è cresciuta di più in Italia negli ultimi 4 anni.
Tornando alle ragioni della sovraproduzione agricola il cambiamento climatico sta causando danni anche nel Sud dell’Italia: nel bacino mediterraneo c’è una forte sovraproduzione di pomodoro e viene chiesto l’aiuto di Coop
Il Sole 24 ore del 25 febbraio 2016
Mi risulta che i problemi degli allevatori italiani siano gli stessi di quelli francesi ma sulla nostra stampa è apparso solo questo articolo
dove la posizione italiana è debole:
“L’Italia nel suo position paper ha insistito sull’etichettatura con l’indicazione dell’origine della materia prima”.
Peccato che, oltre all’opposizione già manifestata dal Lussemburgo, la Lactalis- proprietaria dei marchi Parmalat e Galbani , e controllante gran parte del mercato italiano – sia decisamente contraria a quest’indicazione.
p.s.: era scesa in campo anche l’Antitrust, su sollecitazione di Coldiretti …
Antitrust: concentrare offerta latte e accentrare servizi
(AGI) – Roma, 11 mar. – E’ “fondamentale” che, nell’ambito del processo di riorganizzazione del settore lattiero-caseario, “vengano create e riconosciute diverse organizzazioni di produttori, in grado di realizzare sia un’effettiva concentrazione dell’offerta di latte sia un accentramento di alcune funzioni e servizi aziendali”. E’ quanto sottolinea l’Antitrust a conclusione dell’indagine conoscitiva sul settore avviata nel maggio 2015, l’Antitrust. Questa operazione, spiega l’Authority, potra’ essere di tipo logistico, organizzativo, finanziario e anche di prima trasformazione del prodotto, con l’obiettivo di “incrementare l’efficienza delle singole imprese appartenenti a ciascuna organizzazione”.
L’indagine del Garante aveva l’obiettivo di accertare, ai sensi della normativa antitrust e di quella a tutela della parte contrattuale debole, alcune problematiche specifiche di funzionamento della filiera del latte, idonee a incidere sui meccanismi di trasmissione dei prezzi, sollevate dalle principali associazioni sindacali agricole. In particolare, le organizzazioni lamentano una scarsa correlazione fra l’andamento dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari e il prezzo che i trasformatori corrispondono agli allevatori nazionali per la vendita del latte crudo.
Questo settore sta attraversando un periodo di grave crisi su scala mondiale. Ma, a livello nazionale, secondo le risultanze dell’indagine Antitrust potrebbe risentirne di piu’ che negli altri Paesi europei: “I costi di produzione nazionali – rileva l’Agcm – sono mediamente piu’ elevati (di circa 5 centesimi di euro al litro) rispetto a quelli degli altri principali produttori europei, tra cui, in particolare, Francia e Germania”. A fronte di una “frammentazione molto elevata” che conta circa 34.000 imprese produttrici, la maggioranza delle quali di dimensioni ridotte in termini di produzione e capi di allevamento, “si contrappone una domanda piu’ concentrata, rappresentata da circa 1.500 acquirenti”. Da questa situazione, deriva che “le aziende agricolea conferiscano l’intera produzione di latte a un unico acquirente e le imprese di trasformazione abbiano invece numerosi fornitori”.
“Sotto il profilo concorrenziale, tuttavia, dall’indagine non sono emersi particolari elementi di criticita’ nei meccanismo di trasmissione delle oscillazioni dei costi nei settori a valle della filiera”. Nessuna delle sue componenti, infatti, “appare in grado di generare e trattenere stabilmente extra-profitti a scapito degli operatori che operano nei mercati a monte dell’approvvigionamento”.
Rmb/Fra (Segue)
11 marzo 2016 ©
…e quel che si capisce, tra le righe delle agenzie e dei quotidiani, è che il latte in Italia costa 50 € (*) alla tonnellata in più di quanto costi in Francia che, come abbiamo visto, è già fuori mercato, rispetto ad altri paesi .
Quel che rimane invece molto nebuloso è come gli agricoltori italiani potrebbero abbassare i propri costi per fronteggiare Lactalis e i mercati globali
(*) 0,05 € x 1000 litri
E interviene anche la Coop, che prevede di acquistare “10 mila litri di latte in più” (su quale periodo non è dato di sapere..)
Il Sole 24 ore del 19 aprile 2016
L’etichettatura del latte e dei prodotti caseari , con l’indicazione dell’origine della materia prima, potrebbe essere una buona opzione difensiva, come riportato da Il Sole 24 ore e il Corriere della Sera del 31 maggio 2016 ma ci sono tre problemi:
a) l’etichettatura non risolve il problema dei costi degli allevatori
b) la UE non si opporrà a quest’iniziativa?
c) sorge spontanea la domanda: e gli altri settori? Perché, ad esempio, non la pasta?
Una lettera al Corriere della Sera del 5 Marzo 2016
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