La tassazione delle cooperative e il dossier sugli aiuti di Stato (1996 – 2011).
Prima stesura : giugno 2011, ulteriori aggiornamenti del 10 settembre 2015 e dell’11 febbraio 2020.
Premessa, da Esselunga Wikipedia (paragrafo : Tassazione) :
“Il 25 maggio 1999 (*) Bernardo Caprotti indisse la sua prima conferenza stampa all’Hotel Principe di Savoia a Milano per presentare uno studio della Arthur Andersen. Nella medesima si dichiarò “schiacciato dal fisco”.
All’incontro erano presenti Paolo Savona, Giulio Tremonti, Carlo Giovanardi e anche il presidente dell’ANCC Giorgio Riccioni che, sentendosi preso di mira dallo studio che evidenziava una minor tassazione per le coop rispetto a Esselunga (vedi pagina 21 dello studio della Arthur Andersen sotto, in allegato, prese la parola per difendere il mondo della cooperazione.”
La conferenza stampa venne organizzata da Patrizio Surace, primo addetto stampa di Esselunga, nella foto sotto all’immagine “la Coop sei tu”.



INTERVISTA A BERNARDO CAPROTTI
Il proprietario della Esselunga: “La nuova Irap? Altro che 4 % , a noi e’ costata il 16 % “Commercio schiacciato dal Fisco”
Caprotti: in Italia una pressione del 55 % , rischio colonizzazione “L’ Irap? Altro che 4 % io ho pagato il 16 % .
Con queste tasse non si puo’ crescere e verremo conquistati dai colossi stranieri”
MILANO – “La grande distribuzione in Italia ha una pressione fiscale troppo elevata rispetto ai concorrenti stranieri, una differenza che ci espone pericolosamente al rischio della colonizzazione perche’ chi paga meno tasse ha piu’ risorse per realizzare acquisizioni”.
Bernardo Caprotti, 73 anni, presidente fondatore del gruppo Esselunga, 4.500 miliardi di fatturato con quasi 9 mila dipendenti, rompe un riserbo quasi leggendario per denunciare che la sua azienda paga il 55 % di tasse contro il 43 % della Germania, il 35 % dell’ Olanda, il 39 % della Gran Bretagna.
“E l’ Irap, la nuova imposta regionale sulle attivita’ produttive, non e’ vero che incide per il 4 % ma nel 1998 su Esselunga ha pesato per il 16 % “.
Per dimostrare come stanno davvero le cose Esselunga ha incaricato la societa’ di revisione Arthur Andersen che ha vagliato i bilanci di otto concorrenti europei e ha scoperto che l’ Italia in quanto a pressione fiscale sta peggio di tutti a parte la Francia che pero’ fa scattare aliquote pesanti solo per le aziende con fatturati da decine di migliaia di miliardi. Lo studio della Andersen, presentato ieri a Milano da Caprotti insieme all’ ex ministro delle Finanze Giulio Tremonti e all’ economista Paolo Savona, denuncia che l’ Italia con la quota del 32,7 % ha tra i piu’ alti carichi contributivi contro il 20,95 % della Germania, il 10 % della Gran Bretagna, il 15,2 % dell’ Olanda ma dietro la Francia che accusa il 40,5 % e il Belgio con il 35 % . I tecnici della societa’ di revisione hanno paragonato, “normalizzandoli”, i regimi fiscali dei vari Paesi al 1998: per l’ Italia non e’ stata calcolata la Dit perche’ “assolutamente insignificante”.
La genesi di questa indagine sul campo la racconta lo stesso patron di Esselunga.
“Ero stufo di leggere dappertutto, sugli studi della Kpmg, del Cer ma anche sul giornale della Confindustria e in molte interviste di esperti ed economisti che la pressione fiscale in Italia e’ diminuita al 41 % , quando la mia azienda nel 1998 ha pagato il 55 % . Ho deciso cosi’ di fare un confronto tra i regimi fiscali teorici e quelli effettivi”.
Una bella smentita al calo fiscale sostenuto dal governo D’ Alema…
“Innanzitutto lo studio riguarda solo il settore della grande distribuzione e posso dire che e’ stato fatto molto seriamente, insomma e’ “garantito al limone” come si diceva una volta. Comunque nessun intento polemico contro nessuno, ne’ alcuna presunzione di voler proporre soluzioni. Abbiamo solo voluto fotografare la situazione tributaria cosi’ com’ e’ per dimostrare come siamo svantaggiati rispetto agli altri”.
E da qui il rischio colonizzazione?
“La Rinascente e’ gia’ per meta’ in mano ai francesi della Auchan, Gs ed Euromercato a quelli di Promodes, i tedeschi della Tenegelmann hanno rilevato parte della Pam. Insomma l’ imprenditore da solo non ce la fa piu’ con questo carico fiscale. Siamo sfiniti anche perche’ oberati da mille ostacoli”.
Quali?
“Le faccio un esempio, piccolo ma importante metafora per chi opera nella grande distribuzione: le code ai caselli autostradali per via del pedaggio. Per noi sta diventando un costo enorme e senza alternativa. Abbiamo provato a uscire dall’ autostrada ma per fare 152 chilometri, cioe’ il tragitto Milano – Rivarolo (Genova) ci abbiamo impiegato 2 ore e 50 minuti. E’ solo un esempio per dimostrare che in Italia ci sono troppi “casellanti” che rallentano l’ impresa”.
Dunque non c’ e’ solo il fisco a penalizzare le nostre imprese contro il pericolo invasione?
“Certamente no. Il fatto e’ che i gruppi stranieri ormai sono aziende enormi, per loro investire mille o duemila miliardi per comprare un’ azienda in Italia non rappresenta quasi nulla, per noi invece e’ uno sforzo immane. Da me vengono tutti i giorni imprenditori che mollano, che abbandonano il mercato e a me spiace perche’ questo e’ un Paese fantastico, pieno di gente capace, creativa, che ha voglia di fare. Ma perche’ , mi chiedo, dobbiamo arrenderci cosi’ ?”.
La legge Bersani sul commercio vi aiuta a difendervi dagli stranieri?
“La legge Bersani e’ indubbiamente una legge buona pero’ e’ ancora troppo dirigista. Comunque il ministro dell’ Industria ha agito bene anche perche’ ha lavorato in tandem con Romano Prodi il quale su questo tema ha le idee chiare. Ma di strada bisogna farne ancora molta: per aprire un supermercato oggi ci vogliono da 10 ai 20 anni”.
Che cosa chiede in particolare a questo governo?
“Non credo sia questo il punto. Occorre un contributo di tutti per chiarirci le idee, fare uno sforzo in piu’ per capire chi siamo e dove vogliamo andare. Gli stranieri come la francese Carrefour o la tedesca Rewe stanno calando dalle Alpi e ci spazzeranno via. L’ Italia e’ uno dei Paesi piu’ intelligenti del mondo ma ha industrie troppo piccole. L’ olandese Ahold ha 225 mila dipendenti, noi alla Esselunga siamo quattro gatti…”.
Bagnoli Roberto
Pagina 21
(16 marzo 1999) – Corriere della Sera

(*) ho corretto la data, mettendo 1999 : su Wikipedia c’era la data del 1996 ma Wikipedia ha confuso le date della conferenza stampa di Bernardo Caprotti (1999) con quella del documento sulla tassazione della GD, a cura di Arthur Andersen (1996).
Poco dopo, era l’estate del 1999, il mio caro amico prof. e avv. Filippo Donati mi accennò al fatto che, secondo lui, le cooperative aderenti a Coop Italia erano attaccabili a Bruxelles con un dossier che poteva dimostrare che:
1) Le cooperative erano aziende come le altre
2) Le facilitazioni fiscali di cui gioivano si configuravano come aiuti di Stato che alteravano la concorrenza
3) Questi privilegi portavano pregiudizio al commercio tra Stati membri dell’Unione europea.
Il punto 3) significava che – nel tempo – avremmo dovuto coinvolgere altri distributori europei nel procedimento contro la Coop.

Filippo Donati, a sinistra nella foto con Stefano Scabbio – al centro – e il ragionier Giovanni Maggioni, VP di Esselunga, a destra.
Il lavoro iniziò a primavera 2000 e fu gestito, i primi due anni solo da Donati e dal sottoscritto a “fari spenti”, nella più totale discrezione anche all’interno di Esselunga.
Negli anni 2002 e 2003 il dossier e le linee guida che ne derivarono coinvolsero da una parte l’avvocato Aldo Frignani e dall’altra la dirigenza del nucleo della direzione operativa di Esselunga.
Per capire la situazione non possiamo esimerci dal dare qualche spiegazione teorica, tratta all’epoca dallo studio di Donati, che inquadra il ruolo delle coop sul mercato e nel sociale.
Le charts successive costituivano le linee guida date dal sottoscritto ai dirigenti della direzione operativa durante le riunioni del 18 aprile 2002 e del 29 maggio 2003.
Questa chart sopra dimostrava che nel sociale “non facevano niente di più di noi se non di meno”, visto che il peso in % del devoluto sociale della Coop sul fatturato era allineato a quello di Esselunga.
Da notare che per trovare questo dato fu battuto a tappeto il nord Italia: non esisteva un bilancio sociale Coop unico ma tanti bilanci sociali, redatti in autonomia dalle varie cooperative (Unicoop, Estense,etc).
Coop Italia, al contrario ad esempio di Coop Schweitz , la sua omologa svizzera, non riusciva ad imporre una politica unitaria alle varie coop.
Questo valeva per la gestione dei prodotti, dei loro prezzi ma anche del devoluto sociale.
Il dato si riferisce alla rilevazione del 2001, pubblicata nel 2002


Le posizioni si riferiscono agli anni precedenti (es.parlando di 2001 si intende rilevazione Altroconsumo 2000, pubblicata nel 2001).
AMO, OVI, WAS etc. = sigle dei super Esselunga ( dove Amo stava per via Amoretti, Ovi per piazza Ovidio, etc.).
La competitività dei punti di vendita Esselunga, rilevata nel 2002 e resa pubblica nel 2003, rappresentati da via Washington (WAS), via Milanesi a Firenze (MIA) e Parma (PTR = Parma Traversetolo), ci spinse a fare la pubblicità che segue
Questa pubblicità era la risposta all’attacco della Coop dell’anno precedente : sui prezzi, come nel sociale, non facevano nulla di più di quanto facesse Esselunga.
Anzi.
Attaccammo la Coop anche con la pagina sottostante, sull’indice di deflazione di Esselunga
La chart successiva riassume molto bene l’essenza del terzo punto


Da queste riflessioni nacque l’idea di un bilancio sociale che verrà varato a fine 2003,
SCARICA IL BILANCIO SOCIALE DI ESSELUNGA 2003
Sotto: Giuseppe e Bernardo Caprotti, con Paolo De Gennis, nel 2003, nelle cantine di Cà del Bosco

Nella chart seguente si trovano i responsabili delle varie azioni della nostra politica

Per quanto riguarda la “politica di banca” studiammo il mercato – vedi chart seguente sui dati riguardanti Auchan e Carrefour – ma questo, alla fine, fu l’unico tassello mancante della nostra politica, poiché Bernardo Caprotti manifestò la sua contrarietà allo studio di un’eventuale sviluppo delle attività finanziarie.

Le nostre azioni e soprattutto la paura di perdere i loro privilegi, fecero sì che le cooperative aderenti a Coop Italia premessero sull’acceleratore dell’incremento delle attività sociali (vedi sotto) perché :
“La tutela della cooperazione si giustifica … sulla base della sua ‘funzione sociale’ , che è garantita, a sua volta, dal carattere mutualistico dell’impresa cooperativa” ( v. studio Frignani/Donati maggio 2004 . Il principio della mutualità è iscritto nella Costituzione italiana,all’ articolo 45)

Per mantenere delle ritenute sui depositi dei soci del 12,5% contro il 27% delle banche (*) le Coop dovevano dimostrare che la loro attività era prevalentemente mutualistica e cioè principalmente rivolta ai soci o svolta dai medesimi
E cioè, ad esempio, che il beneficio di certe promozioni andava prevalentemente ai loro soci.
Questo può sembrare scontato ma non lo è se si pensa che, oggi (2015) , in Coop Lombardia le vendite che transitano attraverso la carta soci sono appena il 61% contro il 91% fatturato attraverso le Fidaty nel 2003.
Altre regioni, dove le Coop “la fanno da padrone”, hanno tassi di fidelizzazioni molto più alti ma spesso i soci fanno comunque la spola per la loro spesa tra Coop ed Esselunga o tra Coop e altri distributori.
Lo spirito delle Coop viene riassunto molto bene nell’articolo che segue.
(*) il resto dell distribuzione non può gestire prestiti.Solo la Coop.
Il titolo “Orgoglio Coop” è sintomatico di come , all’epoca, le cooperative si sentissero forti.
A primavera 2004 il dossier sugli aiuti di Stato venne passato alla Faid (Federdistribuzione) che da allora se ne occupò direttamente, senza il nostro contributo (Giuseppe Caprotti, Filippo Donati e Aldo Frignani) portandolo in sede UE.
Le chart seguenti , sulle quali abbiamo fatto delle evidenziazioni, confermano e spiegano meglio la nostra visione.
Nel 2007 Neelie Kroes, commissario europeo alla concorrenza (foto sotto), era orientata a mettere sotto accusa il regime fiscale delle cooperative.

L’8 settembre 2011 la Corte UE sentenziava invece che spettava ai giudici nazionali valutare se le esenzioni fiscali concesse alle cooperative fossero aiuti di Stato.
Questa era sicuramente una vittoria per le cooperative a cui però faceva da contraltare l’aumento della base imponibile varato, sempre a settembre 2011, con l’ultima legge finanziaria (fonte: Universo Coop 2 novembre 2011).
In conclusione, oggi le cooperative e parliamo solo della GD, sono – secondo noi – delle aziende come le altre.
E se le loro aliquote fiscali sono cresciute (ne abbiamo accennato ma ne riparleremo) è anche grazie a questo dossier sugli aiuti di stato (1).
Chi avesse dei dubbi sul fatto che le cooperative svolgano lo stesso lavoro delle aziende di capitale può riguardare le charts iniziali, relative allo studio di Filippo Donati:
le cooperative – nella GD – non facevano certo molto di più delle altre aziende concorrenti in termini di vantaggi per i soci, eccezion fatta per gli interessi sui depositi bancari.
Alcune cooperative erano efficienti (ad esempio Unicoop) e riuscivano quindi a dare operativamente prodotti di buona qualità con prezzi ragionevoli ai loro consumatori ma le altre, spesso, erano meno competitive delle imprese di capitale.
Le imprese “cugine” della Coop, le cooperative di dettaglianti della Conad (le cui holding sono cooperative e le controllate imprese di capitale ) stanno andando meglio della Coop (2), perché i soci gestiscono operativamente i punti di vendita, ma è chiaro, sia per Coop che per Conad, che lo spirito originario che animava le cooperative a fine ‘800 oggi non esiste più .
Sembra comunque che quello che potremmo definire il “marketing sociale” della Coop, ora che quello di Esselunga si è affievolito, abbia raggiunto i suoi scopi: molti italiani considerano le cooperative aderenti a Coop Italia come delle imprese “da amare” per il loro impegno sociale.
(1) mi risulta che Massimo D’Alema, all’epoca, abbia fatto parecchi viaggi a Bruxelles per contrastarlo.
(2) Conad ha fatturato 14,3 miliardi di € nel 2019 (+ 5,9%, senza Auchan) ed è di fatto il primo distributore italiano.
Per comprare il distributore francese ha ricevuto soldi da Auchan ma anche benefici fiscali, derivanti dallo stato di cooperative per le holding.


Stralcio del discorso di Giuliano Poletti (*), presidente di Legacoop , all’udienza con il Presidente Giorgio Napolitano, svoltasi venerdì 18 novembre 2011 al Quirinale e pubblicizzata da Repubblica il 22 novembre
(*) allora ministro del Lavoro nel governo di Matteo Renzi
E’ inoltre interessante notare due fili che sembrerebbero legare, nei secoli scorsi, le cooperative aderenti a Coop Italia ai Caprotti: entrambi versarono dei soldi a Giuseppe Garibaldi.
I Caprotti – con Bernardo 1 – nel 1859 e le Coop nel 1876.
Documento n° 21 nell’archivio della famiglia Caprotti Ricevuta di versamento rilasciata dall’Associazione unitaria italiana a Bernardo Caprotti per l’acquisto di fucili proposto dal generale Giuseppe Garibaldi .
Al di là di questo fatto simbolico ricordiamo come nel 1919 la Lega delle Cooperative (1) si sia divisa in due tronconi:
uno marxista e l’altro cattolico , con la nascita della Confederazione delle Cooperative italiane abbreviata in Confcooperative (2).
In questo contesto, il mio bisnonno, Bernardo Caprotti (foto sotto) , attraverso la Manifattura tessile ”Bernardo Caprotti di Giuseppe”, era fin dal 1905 sostenitore della “Società di Mutuo soccorso fra Esercenti, Operai e Contadini di Albiate, Triuggio, Sovico e limitrofi”.

(1) Federazione Nazionale delle Cooperative nel 1886 e poi Lega dal 1893, a Sampierdarena.
(2) Confcooperative : un aggregato da 61 miliardi di € di fatturato, con 535’000 dipendenti, le cui cooperative spaziano dall’agricoltura, al turismo, passando alla produzione per arrivare a servizi e alle coop con finalità sociali.
La Lega sviluppa invece un fatturato di 56 miliardi – di cui 12,2 con la Coop – e da lavoro a 485’000 persone (dati Legacoop 2009)
Esistono, oltre a Legacoop e Confcooperative, altre due centrali cooperative, l’AGCI e l’UNCI.
I numeri impressionanti delle cooperative nel 2015

In allegato vi proponiamo :
la “Bozza in ordine alla compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato delle agevolazioni concesse alle cooperative operanti nel settore della grande distribuzione commerciale” (ovverosia il dossier trasmesso alla UE) , del gennaio 2004 , a cura di Aldo Frignani e Filippo Donati, con memo di Giuseppe Caprotti a Carlo Salza
SCARICA IL DOCUMENTO PDF
Nota: le sottolineature e i commenti sono del sottoscritto, i dati di Esselunga vennero successivamente sostituiti con quelli della Faid.
PS: è curioso notare come Oscar Farinetti, socio di Coop in Eataly e proprietario di Fontanafredda, riesca – nel 2011 – a vendere il proprio vino a Esselunga.
Sembra destino che le vicende di Coop si incrocino con quelle dei Caprotti.

Una pagina del catalogo del Natale 2011 di Esselunga.



