Sopra: zebù in Amazzonia . Redatto il 14 ottobre, aggiornato il 20 luglio 2022
Titolo originale :
Carne: le prime 20 grandi aziende emettono più gas serra di Paesi come Francia e Germania
Il Fatto Alimentare 14 settembre 2021
“Le prime venti aziende zootecniche a livello mondiale liberano in atmosfera una quantità di gas serra superiore a quella di Paesi come Germania, Gran Bretagna o Francia”, è quanto riportato nel dossier sulla produzione di carne Meat Atlas, compilato da Friends of the Earth Europe e dalla fondazione Heinrich Böll Stiftung.
Il documento aggrega tutta una serie di studi redatti da varie ong e da istituzioni pubbliche per descrivere l’impatto della produzione di carne nel mondo. L’atlante evidenzia come gli allevamenti di animali contribuiscono in modo significativo alle emissioni di carbonio, tanto da rappresentare a livello mondiale il 14,5% dei gas serra.
Questa situazione è diventata possibile anche perché tra il 2015 e il 2020, le aziende di carne e prodotti lattiero-caseari hanno ricevuto più di 478 miliardi di dollari di sostegno da 2.500 società di investimento, banche e fondi pensione, la maggior parte con sede in Nord America o in Europa. Grazie a questo meccanismo finanziario, il rapporto stima che la produzione potrebbe aumentare di ulteriori 40 milioni di tonnellate entro il 2029, per raggiungere 366 milioni all’anno.

Foto: Meat Atlas 2021/OCSE, FAO
In tutto il mondo, tre quarti dei terreni agricoli vengono utilizzati per allevare animali o le colture per nutrirli.
La Cina è il più grande allevatore di maiali al mondo mentre il Brasile, con il gruppo JBS, è il più grande produttore mondiale di bovini, inteso soprattutto come zebù, foto sotto.

Sebbene la maggior parte dell’ incremento interesserà Paesi del sud del mondo, i maggiori produttori restano Cina, Brasile, Stati Uniti e membri dell’Unione Europea, responsabili del 60% della produzione mondiale.
Di fronte a queste percentuali non c’è da stupirsi se i tre quarti dei terreni agricoli sono utilizzati per allevare animali o per coltivare cereali e altre materie prime da destinare all’industria mangimistica. Per rendersi conto basta ricordare che solo in Brasile, 175 milioni di ettari sono dedicati all’allevamento, si tratta di un’area pari a circa l’intera superficie agricola dell’Unione Europea.
Il rapporto focalizza anche l’attenzione sull’interesse mostrato dalle aziende per cercare alternative e sostituti della carne, anche se ritiene queste soluzioni ancora troppo deboli. “Le iniziative – ha affermato Stanka Becheva attività di Friends of the Earth – non cercano di affrontare realmente il problema. L’attuale sistema alimentare incentrato sulle proteine animali e ha un impatto devastante sul clima, sulla biodiversità e sta danneggiando le persone in tutto il mondo. Dobbiamo iniziare a ridurre il numero di allevamenti e incentivare diversi modelli di consumo. È necessaria anche una maggiore regolamentazione dell’industria della carne per ridurre al minimo ulteriori danni”. Per quanto riguarda gli investimenti, Becheva ha affermato che le banche private e gli investitori, così come le banche di sviluppo come la Banca mondiale e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, devono smettere di finanziare progetti di produzione di proteine animali su larga scala e intensivi.
Rispondendo al rapporto, Paolo Patruno, vicesegretario generale dell’Associazione europea per l’industria della lavorazione della carne (Clitravi), ha dichiarato: “Non crediamo che nessun settore alimentare sia più o meno sostenibile di un altro. Ma ci sono modi più o meno sostenibili per produrre alimenti vegetali o animali e ci impegniamo a rendere più sostenibile la produzione di proteine animali. Sappiamo anche che le emissioni medie di GHG [gas serra] nell’UE dal bestiame sono la metà della media globale. La media globale è di circa il 14% e la media dell’UE è del 7%”, ha aggiunto”.
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