Coldiretti, giustamente, secondo noi, denuncia la mancanza dei decreti attuattivi sull’etichettatura degli alimenti (questa “avventura” è iniziata nel 2009, v. “A scuola di cibo” ).
Abbiamo già espresso il ns. pensiero in merito in Se il Made in Italy passa dalla Distribuzione e Esselunga, la GD,il tricolore e l’italian sounding.
Cogliamo l’occasione per ribadire che sarebbe meglio evitare operazioni dove si gioca sulla non conoscenza delle origini aziendali dei produttori da parte delle grande pubblico.
E’, ad esempio,il caso della partnership Peroni – Eataly, dove sembra che il gruppo che produce la birra Peroni sia italiano (v. anche comunicazione in – store allo Smeraldo di Milano), mentre non lo è (SAB Miller è una multinazionale di origini sudafricane, basata a Londra).
Peroni is NOT Italy! Anche se la birra è fatta in Italia.
la passione è una qualità tutta italiana? Peroni anche?…
Foto fatta da Eataly, allo Smeraldo, aprile 2014
Probabilmente l’industria italiana, o piuttosto quel che ne resta (*), non ha la forza di imporsi di fronte alle filiali straniere di multinazionali che operano sul territorio italiano e che hanno interesse a far apparire come italiani prodotti che ormai di italiano hanno solo il nome ed una piccola % di materie prime.
(*) tra i principali gruppi alimentari di Centromarca ci sono solo Barilla e Ferrero, gli altri sono in mani straniere (Nestlè, Unilever, Procter and Gamble, Coca- Cola etc)
questo sopra è un dato del 2003 (Peso fatturato: si intende sul mercato italiano) ma come abbiamo visto analizzando
la ristrutturazione di Unilever, il peso a livello mondo è cambiato poco rispetto a 10 anni fa:
abbiamo prima Nestlè, seconda Procter and Gamble e poi terza Unilever.
Oltre a Barilla e Ferrero, l’unico gruppo italiano nella tabella sopra è Bolton, che oggi detiene marchi come Rio Mare, Simmenthal, Palmera, Roberts,Omino Bianco, Collistar, Bostik, Uhu, Wc Net, etc.
le gang organizzate hanno un’appetito crescente per i crimini legati al cibo
Ma il problema ancora più grave, giustamente denunciato da Roberto Moncalvo di Coldiretti e sul quale, secondo noi, vale la pena di soffermarsi è quello dell’ aggravarsi dei fenomeni criminali legati ai prodotti alimentari.
Lo scandalo della carne di cavallo avrebbe dovuto far riflettere di più chi ostacola la trasparenza dell’etichettatura alimentare.
Infatti , se prendiamo come esempio la Gran Bretagna, le frodi alimentari hanno subito un incremento vertiginoso:
nel 2007 la Food Standard Agency aveva ricevuto 49 denunce, nel 2013 sono state 1’538!
Inoltre le autorità hanno notato la riconversione della criminalità dalla droga al cibo:
solo l’8% dei britannici si droga ma tutti devono mangiare. E il consumo di droga è in discesa…
Ma c’è di più: i criminali sanno che, se si fanno catturare, rischiano molto meno nella contraffazione di biscotti che nello spaccio di droga o nel traffico di armi.
Quello sui contrabbandieri (*) è un gioco di parole su Crimine e castigo, il romanzo di Fedor Dostoevskij:
in inglese il capolavoro dello scrittore russo si chiama Crime and punishement, sostituito- in questa vignetta – da Crime and nourishement (nutrimento)
(*) il contrabbando è uno dei crimini perpetrato in Gran Bretagna ma non solo lì: chi traffica in cibo in Italia spesso importa illegalmente cibo scadente di origine extra UE per poi , magari, rivenderlo come italiano.
Prima stesura: 27 marzo 2014
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