Questa intervista è antecedente alla vendita della mia quota in Esselunga, leggi in proposito :
Giuseppe Caprotti su Esselunga : “Abbiamo salvaguardato l’azienda”.
L’imprenditore brianzolo ha raccontato la sua vita svelando passioni e nuovi progetti
Azionista di minoranza di «Esselunga», dove ha lavorato per vent’anni, Giuseppe Caprotti è anche uomo di profonda cultura, appassionato di fotografia, viaggi, sci e adora Albiate che ha definito «Terra mia» rifacendosi a una canzone di Pino Daniele
Studio, gavetta, pensiero critico e lungimiranza. Queste le chiavi del successo dell’imprenditore brianzolo Giuseppe Caprotti, figlio del compianto Bernardo, fondatore di «Esselunga».
Nato il 15 dicembre del 1960, laureato in Storia contemporanea alla Sorbona di Parigi (Laurea tradotta e pubblicata in Italia da Franco Angeli), è uomo di cultura, imprenditore, azionista di minoranza di «Esselunga», dove ha lavorato per vent’anni promuovendo, fra le altre cose, la nascita dell’ufficio marketing, di cui è stato il primo direttore. Grande innovazione che ha dato vita anche a una nuova campagna pubblicitaria volta a valorizzare la qualità dei prodotti aziendali. Simbolo indiscusso: lo slogan di «John Lemon» del 2001, opera esposta al Louvre di Parigi e dietro cui c’è il suo tocco artistico.

«Ho lavorato dal 1986 al 2016, anno nel quale ho venduto una mia attività e mi sono preso una pausa che mi ha consentito di stringere un accordo nel 2017 con la mia famiglia – ha, infatti, raccontato in un breve excursus sulla sua brillante carriera – Ora sto concludendo l’ultima fase di questo accordo, l’arbitraggio, con le eredi di casa Caprotti e spero di sciogliere il mio legame con Esselunga a breve. Nel contempo mi sto dando da fare per iniziare una nuova vita. Ho progetti in diversi campi che sto concretizzando e che rivelerò nei tempi opportuni. Nel frattempo mi occupo anche di quella che è stata la dimora storica dei Caprotti, villa San Valerio, acquisita nel 1893 dalla famiglia Airoldi».
E proprio per questo gioiello, ubicato ad Albiate, il 59enne ha due importanti progetti. «Ho in cantiere – ha proseguito – il restauro integrale della cappella di San Valerio, con il suo altare. Inizieremo, con il permesso della Soprintendenza, dal vespaio che ora manca e che permetterà di abbattere l’umidità che è il vero problema della chiesa. Inoltre, voglio piantare un bosco da 25 ettari nei campi fuori dalla mia villa, quando scadrà il contratto con il signore che li coltiva. Gli alberi assorbono anidride carbonica e polveri sottili ed io mi autodefinisco un ambientalista, assolutamente apolitico. Spero che gli albiatesi apprezzeranno questa mia idea».
Due iniziative che fanno ben capire il suo amore per un territorio in cui, non solo, ha passato la sua infanzia, ma nel quale è tornato, ora, in pianta stabile. «Albiate è ” Terra mia”, come dice Pino Daniele nella sua famosissima canzone», ha, infatti, ribadito.
La cappella di San Valerio, non a caso, era stata aperta al pubblico già lo scorso 7 settembre in occasione della «Notte Bianca» albiatese, grazie alla collaborazione con l’associazione culturale Piero Gatti. Occasione durante la quale Caprotti aveva espresso la volontà di «dare agli albiatesi la possibilità di visitarla in alcune occasioni particolari per approcciarsi alla sua storia che appartiene a tutta la comunità».
L’edificio religioso risale al Seicento, quando fu intitolato alla Vergine Immacolata. Nel 1670 circa monsignor Carlo Francesco Airoldi, vescovo di Edessa e nunzio pontificio presso alcuni dei maggiori potentati dell’epoca, ricevette dalla Santa Sede l’intero corpo di Valerio e le reliquie di altri martiri, così per accogliere degnamente il dono fece ampliare e restaurare l’oratorio dedicato to alla Vergine Immacolata annesso alla proprietà di famiglia ad Albiate, sito dirimpetto all’ingresso della villa residenziale, e lo fece intitolare proprio a San Valerio. Un vero gioiello a cui Caprotti tiene molto.
L’albiatese coltiva, oltre all’amore per la Storia e l’Arte, come testimoniato dal ritiro dell’Ambrogino d’oro con l’associazione Amici della Triennale, molte altre passioni, che lo rendono un uomo eclettico.
«A parte i miei figli ed i miei affetti, mi occupo di distribuzione e cibo, ambiente, animali e botanica, Africa e viaggi, fotografia, arte, letteratura e Storia, cinema, calcio e sci», ha elencato prima di rivolgere un interessante messaggio ai giovani di oggi che intendono seguire un sogno, magari imprenditoriale.
«Consiglio ai ragazzi di riscoprire il valore della cultura, di approfondire tutte le notizie, di imparare le lingue, per poter, eventualmente, scegliere dove vivere e di non aver paura di fare la gavetta che è fondamentale per la vita e per il lavoro. Ho lavorato per un anno e mezzo come operaio in vari luoghi (Chicago, San Paolo e Toscana) ed è stata un’esperienza importantissima per me, come il collegio, dove ho vissuto per quattro anni da ragazzo. Credo che il lavoro manuale, di squadra, mi abbia fortificato enormemente, aiutandomi a superare i momenti peggiori della mia vita. Bisogna sapere stare con tutti, anche quelli che non ti piacciono. E fare il turno di notte in un supermercato, ad aprire cartoni e a rifornire scaffali, te lo insegna».
Un mettersi in gioco sin da giovane, il suo, che gli ha permesso di vederci lungo su molte cose, fra cui: «l’e-commerce, le carte fedeltà, l’attenzione alla salute e all’ambiente con Naturama e il biologico o alla qualità del cibo da esprimere con le pubblicità dell’agenzia Armando Testa».
Caprotti ha concluso questa intervista, in cui ha messo a nudo l’uomo e l’imprenditore, con un augurio a se stesso: «Spero che tutto ciò mi serva per il mio futuro, la vita incomincia adesso!».
di Claudia Funiciello, Giornale di Carate 10 dicembre 2019


