La presentazione del libro “Le ossa dei Caprotti” tenutasi il 27 maggio al Circolo dei lettori di Torino.
Francesco Casolo dialoga con Giuseppe Caprotti. Trascrizione aggiunta il 1° agosto 2024. Articolo aggiornato il 7 agosto 2024
FRANCESCO CASOLO
Grazie di essere qui. Parliamo di questo libro, “Le ossa dei Caprotti”. E allora, io non lo faccio molto spesso di presentare libri, mi capita ogni tanto ma non lo faccio molto spesso, e quando mi han chiamato da Feltrinelli istintivamente ho detto volentieri, che problema c’è, ma non sapevo granché di questa storia, cioè sapevo quello che si può conoscere dalla stampa, sapevo ovviamente un po’ di retroscena, però non sapevo molto di questo libro. E la cosa interessante è stata che quando ho cominciato a leggere questo libro mi sono accorto immediatamente di una cosa, cioè che non c’era solo una storia grande che veniva raccontata, ma c’era uno stile, c’era un modo di raccontarlo, c’era una voce, e questa è ormai secondo me un po’ una condizione perché un libro vada oltre alla semplice lettura, oltre al semplice trascorrere del tempo. Non solo è un libro che ho divorato, ma è anche un libro di cui avevo voglia di parlare perché secondo me, partendo da una storia così intima, riesce ad arrivare a tutta una serie di tematiche che con modi diversi, con specificità diverse finisce comunque per parlare al cuore di molti di noi. Il rapporto con un genitore, il rapporto con un fratello o una sorella, una famiglia che ha una storia così importante ma che in qualche modo ricalca anche un certo tipo di taglio, un certo periodo storico, è una storia – ne parlavamo anche l’altro giorno – sicuramente anche molto settentrionale, che parla molto a noi che abitiamo in questa parte d’Italia ed è una storia che secondo me è veramente un bene, ed è un regalo che ci hai fatto a raccontare, nel momento in cui secondo me non è semplicemente andare a capire che cosa è successo in questa vicenda, a questa famiglia, ma è proprio andare a ritrovare anche una certa Italia che, poi ne parleremo, secondo me in qualche modo è cambiata, sta scomparendo, e fa parte di un’epoca storica molto molto precisa e molto interessante. Quindi la prima domanda, per non perdere troppo tempo, è come ti è venuto di scriverlo in questo momento, quanto tempo c’ hai pensato prima di farlo, com’è avvenuta anche la stesura, è stato un lavoro che hai fatto principalmente di getto o è stato oggetto di continui ripensamenti, di continue riscritture? Questa è la prima cosa che mi interesserebbe sapere da te.
GIUSEPPE CAPROTTI
Bene, grazie Francesco, grazie a chi ha mi ha aiutato a organizzare questa serata, quindi soprattutto Immacolata e Elena, che poi ci sono, ringrazio anche Umberto [Allemandi] e Anna che sono venuti. Iniziamo da qua, allora. La storia è una storia personale ma che come dicevi tu si incrocia con la storia economica di questo paese – o la storia tout court. Sicuramente io avevo in mano un’idea di farlo da tempo perché capivo che in casa, diciamo, c’erano tanti miti e volevo capire se questi miti fossero veri oppure no, ecco. Dopodiché, e questa è una cosa divertente, ho iniziato a scriverlo con un professore della Bicocca, Alessandro Capocchi, che peraltro non c’è ma comunque ringrazio per il suo contributo, e siamo andati da un editore di Milano il quale ha visto il contenuto, ha detto ah, questa parte mi piace molto, poi ha visto alcune altre cose, ha detto forse non fa per me e quindi lì sono iniziati i problemi – o le opportunità. Uscita La Bicocca ho ripreso in mano tutto e con un altro editore, che non è Feltrinelli, l’abbiamo costruita in modo da essere più una storia e quindi è andata avanti così, però quando è iniziata nella realtà tutto ha preso veramente una spinta molto forte quando ho incontrato questo signore. Ecco, questo signore si chiama Marco Brunelli. Forse in Piemonte non dice molto, ma insomma è stato prima di tutto un antiquario e poi ha fondato tre catene di supermercati e oggi ne possiede due, e con la sua attuale catena ha avuto i migliori risultati della sua vita a 96 anni, quindi è uno che smentisce qualsiasi affermazione uno possa fare, ritirati perché hai una certa età, magari ti dovresti ritirare, ed è stato lui che ha incontrato gli americani volevano fondare questa catena ed è stato il primo socio e il primo presidente della nostra società. Ecco, questo è lo spunto: lui mi ha dato diciamo questo legame con gli americani che mi mancava, e da lì sono partite le mie ricerche. Sulla storia tenete conto che era una persona di famiglia, vicino a lui [nella foto che mostro] c’è mia nonna materna, la migliore amica di mia mamma [Adriana Monti] accanto e mio zio Guido Caprotti davanti, qui erano a Cortina nel 58; lo si vede anche nelle immagini del matrimonio di mia mamma e di mio papà, era proprio un grande amico di mio zio Guido, le catene che ha fondato oltre che Esselunga la GS, credo che qualcuno la ricordi, oggi fa parte del gruppo Carrefour, poi ha fondato Iper e poi ha acquisito Unes che è abbastanza conosciuta a Milano, ecco per dare un quadro della persone, e lui l’ho incontrato nel 2019 e mi ha fatto il nome della persona che l’aveva contattato da parte degli americani-
FRANCESCO CASOLO
Curiosità mia: che tipo di obiezione era stata fatta da questo primo editore, che voglio raccontarlo?
GIUSEPPE CAPROTTI
FRANCESCO CASOLO
Ma quando hai cominciato a scriverlo era più o meno come poi lo stiamo leggendo adesso o era molto diverso?
GIUSEPPE CAPROTTI
Nella realtà è rimasto solo una storia italiana, si è sempre chiamato così, c’è sempre stato il sottotitolo, però per il resto ha cambiato completamente volto, non c’era una copertina. non c’era niente. Perché fai la copertina fai tutto quando hai l’editore che è convinto, e quindi siam passati a Feltrinelli perché l’editore è stato comprato. ma devo dire Feltrinelli, che ringrazio, ha comunque creduto nel libro, poteva anche dire no grazie ma ha detto andiamo avanti, e quindi per certi versi io mentre lo leggevo forse proprio perché era Feltrinelli mi veniva in mente anche una storia diversissima, però sempre a partire da una famiglia molto importante – il libro che ha scritto Carlo[Feltrinelli], certo, sulla storia di suo papà – Istintivamente mi capitava di pensare anche per un certo immaginario di benessere, la casa in Svizzera e così via, ovviamente che un altro grande libro –
FRANCESCO CASOLO
Ma torniamo a noi. Quindi a un certo punto decidi di raccontare questa storia appunto così intima. e un’altra mia curiosità è che somma ne stai traendo, cioè uno anche nella vita quotidiana decide a un certo punto di aprirsi o di rimanere sulle sue, in questo caso tu appunto hai fatto un una dimostrazione anche di sincerità, di apertura importante, ti sei esposto. Come lo stai vivendo, sei contento di averlo fatto, è una cosa che t’ ha creato dei problemi, delle difficoltà?
GIUSEPPE CAPROTTI
Come no! Sicuramente una risposta la trovate nella copertina, perché qualcuno si porrà la domanda sulla copertina. Allora, la copertina l’ho fatta con un’agenzia, nel senso che l’ho proprio fatta io, il tessuto è il tessuto della mia infanzia, noi nasciamo dal tessile, io vivo ancora vicino alla fabbrica che era dei nonni, degli avi, anche di padre e zii; il carrello squarciato invece è stato approntato da un’agenzia pubblicitaria e per l’agenzia – e arrivo al punto – significava la libertà. Ecco, probabilmente è questa la risposta giusta, nel senso che l’agenzia ci ha visto lungo e ha capito perfettamente che avevo bisogno di liberarmi di questa storia,
e anche qualcun altro ha detto beh, devi arrivare anche al perdono perché sennò rimarrà un peso negativo dentro di te, e questo è il passaggio successivo che è avvenuto, secondo me, proprio tra l’uscita del libro e i vari mesi che sono passati dopo. Se ci sono altre domande – ma è il titolo, il [significato del] titolo lo scoprite se lo leggete [il libro].
FRANCESCO CASOLO
Giusto, lo scoprirete vivendo, sembra anche molto confortante come messaggio, apriamoci e staremo meglio, troveremo sollievo. Ovviamente il tema che percorre un po’ tutta la storia è questa relazione col padre. È una relazione in realtà che comincia già prima, nel senso che è anche la stessa relazione di Bernardo tuo padre con tuo nonno Giuseppe [detto Peppino] – i nomi ricorrono -, che era a sua volta un rapporto tutt’altro che facile, che si troncherà in maniera improvvisa in seguito a un incidente. Appunto Giuseppe, il nonno, avrà un incidente nel 1952 (poi si scoprirà anche il retroscena che non era da solo ma con una compagna che non era diciamo esattamente ufficiale), e quello che mi ha molto colpito e che mi ha fatto molto ragionare è il fatto che questa figura di padre, tuo padre, dal mio punto di vista è una figura che è quasi storicizzata, cioè adesso a parità di severità, di durezza, rigidità di carattere nessun padre che avrebbe 40 anni se la sentirebbe di comportarsi così, cioè il tema interessante è che c’è stata un’epoca ancora abbastanza recente, ma che secondo me sta un po’ finendo, in cui era possibile per un padre avere dei comportamenti di estrema severità e durezza nei confronti di un figlio, ed essere socialmente considerato, è giusto che faccia così soprattutto nei confronti del figlio maschio L’idea era la vita è dura, dovrà affrontare tante prove, tanti ostacoli; io nella mia infanzia, giovinezza ho conosciuto tanti figli di capi di impresa e l’impostazione, con differenze chiaramente, era però più o meno quella, l’idea [che] io ti devo preparare a questo mondo e quindi devo essere un padre spietato per aiutarti ad affrontare poi le sfide che verranno successivamente. Questa figura che probabilmente esiste [ancora] nel modo di comportarsi, è una figura che è ormai scomparsa, nessun padre davanti a una scuola potrebbe maltrattare un figlio o essere severo con un figlio senza incontrare [disapprovazione]. Sei d’accordo con questo punto di vista? Cosa ne pensi?
GIUSEPPE CAPROTTI
Sicuramente questo c’è stato, diciamo che c’è stata questa impostazione, e non è solo un fatto di mio padre. Io ho recuperato tutti gli archivi di famiglia e “ho” un’archivista [Eleonora Sàita, che ringrazio] che mi aiuta per i contenuti, che io sviluppo anche dopo il libro perché ho un sito dove scrivo e completo anche la storia; mi serve, serve per me ma serve anche per chi la legge, sicuramente, e sempre per venire al punto la signora un giorno mi dice – anzi ce lo diciamo tra noi – ma una foto del nonno materno che sorride dove diavolo è?, e lei dice ah no dottore guardi questa!: su 100 foto ce n’è una. Il nonno [Guido Venosta] è stato il creatore dell’AIRC, da zero l’ha portata a 1.400.000 soci. Alla fine era soddisfatto di essere stato un grandissimo imprenditore e manager sociale e quindi ha iniziato a sorridere, però ormai aveva 80 e passa anni, me lo ricordo, con noi anche era più carino, più gentile, era proprio un’epoca così.
Il problema vero di mio padre, secondo me, e vi svelo una cosa che spiace dirla, ma [per lui] noi, io e mia sorella “grande”, Violetta (perché poi c’è una terza sorella “piccola”, Marina, che con la madre è stata l’erede universale dell’impero Esselunga), eravamo i figli di un Dio minore, ma secondo me veniva da quello che dicevi tu prima, cioè lui si vergognava, si vergognava che noi avessimo un peso, avessimo delle iniziative. Da una parte era fiero e dall’altra c’era sempre qualcuno che era più importante di noi, sempre qualcuno ovviamente legato a lui, non qualcuno che lui non conosceva, e quindi c’era questa dicotomia anche in azienda. C’è anche nel libro: a un certo punto io mi interesso ai bilanci dell’azienda, chiedo spiegazioni al nuovo amministratore delegato [Carlo Salza], e lui [Bernardo] mi dice non disturbarlo!. Ora, questo signore invece avrebbe meritato molto di essere disturbato ma lui era così, ci sono io, e poi voi invece siete…
FRANCESCO CASOLO
Ecco, questa specie anche di paura della diversità o dell’imprevedibilità, dell’immaginarsi di un figlio che potesse essere diverso da te. Mi viene in mente un’altra cosa che consiglio a tutti di guardare: questo meraviglioso documentario che è stato fatto credo ormai 20 anni fa da Lina Marrazzi, è un’altra storia molto milanese nella quale lei racconta la vicenda di sua madre che si suicidò, che era cresciuta in questa famiglia che è la famiglia che poi avrebbe creato le Librerie Hoepli, l’editore Hoepli. In questa grande famiglia molto colta, molto benestante di Milano cresce questa ragazzina degli anni 50 – direi 40-50, credo avesse più o meno l’età di mia madre – che mostrava delle debolezze, delle fragilità che a loro risultavano incomprensibili, e il risultato è stato che in un ambiente così colto e così sofisticato si è finito per rinchiuderla in una sorta di casa di cura/manicomio, e questa storia si conclude con il suicidio. Alina Marrazzi, che adesso avrà una cinquantina d’anni abbondanti, prese tutti i [filmati] superotto di famiglia e ricostruì questo clima, che poi era un clima che ho ritrovato anche in queste storie, in cui c’era sempre non dare spettacolo, non metterti in mostra, non fare la stupidina, non fare, che era sostanzialmente l’idea che non ci potesse essere qualcuno che non fosse quella così, no, la fotografia con l’aria seria, con l’aria impegnata, con la l’aria determinata, senza grilli per la testa.
GIUSEPPE CAPROTTI
Beh, c’è un grande imprenditore piemontese – questa storia mi è stata raccontata da un amico che è stato suo consulente – che davanti a tutti diceva ah ma Giovannino…Giovannino ha avuto una buona idea, guardate, ascoltatelo! Ecco, questo è il modo in cui iniziano le rivalità: Giovanni aveva delle idee ovviamente completamente diverse dal padre, e poi per sua fortuna, lo dico così, tranquillamente, il padre se n’è andato, e Giovanni ha fatto, sta facendo la sua strada, giusta o sbagliata che sia – mi sembra giusta per il momento, molto giusta -, però c’è questo sminuimento.
FRANCESCO CASOLO
Qui è esemplificato in maniera perfetta anche attraversato, come in realtà ascoltandoti parlare anche da una vena ironica, c’è molta anche ironia, o una sorta di umor nero che unisce amarezza; è un sentimento talmente assurdo che quasi l’unica alternativa è metterla un po’ sul ridere, e quindi veramente vi consiglio al di là di ascoltare la storia, di ricostruire magari i pezzi, vi consiglio veramente di acquistare questo libro e di leggerlo se non lo avete fatto perché è veramente bello da leggere, piacevole da avere in mano per il modo in cui è stato raccontato. Veniamo all’impresa. Se non erro fra il 1986 e il 2004 tu lavorerai per Esselunga dopo un’esperienza di studi che passa anche per la Svizzera. Dopo un’esperienza lavorativa all’estero negli Stati Uniti entri in questa azienda in un momento in cui era già una realtà assolutamente consolidata, ma con delle sfide che poi ci racconterai, sono alle porte perché comunque alla metà degli anni ‘90 il mondo cambia tantissimo, se non lo stava già facendo ai primi anni ‘90. Vuoi raccontarci che cosa succede in campo?
GIUSEPPE CAPROTTI
In campo succedono tantissime cose, e secondo me uno dei punti di partenza fondamentali di tutta la mia gestione è stato quello di cercare di valorizzare le risorse umane. Mi ricordo una prima visita che faccio in un punto vendita a Firenze: io seguo mio padre, il direttore viene a salutarci, mio padre non gli dà la mano e io rimango esterrefatto. Dopo un periodo in Esselunga vado ancora negli Stati Uniti, apprendo e capisco quale può essere il mio progetto per Esselunga, torno e trovo un’atmosfera –
FRANCESCO CASOLO
Siamo ancora negli “anni di piombo”…
GIUSEPPE CAPROTTI
Eh, io ho vissuto a fine anni ‘80 due o tre scioperi, ma con “S lunga SS” fuori dai supermercati, quindi c’è un’atmosfera molto pesante, però io subito penso che bisogna andare verso questa meta che è il coinvolgimento per riuscire a migliorare l’atmosfera di quella parte del personale che è, diciamo, dalla nostra parte, perché una parte ovviamente continua ad oscillare. C’è stato un periodo in cui c’è stata anche Radio Popolare, bandiere rosse, di tutto e di più, scioperi tutti i giorni eccetera quindi la parte diciamo “buona”, coinvolgerla.
Ecco in questo abbiamo iniziato già ad avere come dire delle grosse differenze di vedute perché mio padre considerava il suo gruppo quelle quattro-cinque persone che gli stavano attorno. Ecco, vi faccio un esempio: a un certo punto ho fatto un filmato per formare le cassiere, queste sconvolte che dicono ma qualcuno ha pensato a noi, mai nessuno ha pensato a noi, alcune sono venute a piangere, cioè veramente una cosa…
FRANCESCO CASOLO
Com’era questo filmato?
GIUSEPPE CAPROTTI
Mah, era un filmato formativo, ma soprattutto c’era attenzione a loro. Mi ricordo che ho cambiato anche l’assetto di seduta delle cassiere perché stare sedute 4 ore di seguito (perché poi avevano i turni, e poi avevano la pausa, poi c’era l’altro turno 4 ore – 4 ore) era proprio banale. Ecco, quindi davanti a queste innovazioni sono rimaste molto colpite, il che non voleva dire che non ci fosse uno spirito di corpo all’interno, quindi non tolgo nulla né agli americani né a mio padre, cioè mio padre aveva comunque seguito l’esempio degli americani e c’era un forte attaccamento all’azienda appunto da parte diciamo di quelli che volevano salvarla, perché a un certo punto c’è stato un momento in cui sembrava che andasse a carte quarantotto. Quindi questo è stato uno dei punti fondamentali, ma proseguo coi direttori. I direttori nel mio ricordo sono nella prima riunione (mi ricordo anche dov’era) che abbiamo avuto, ed era sul vino… Tenete conto che i nostri direttori non avevano accesso neanche ai dati, cioè loro non sapevano qual era il fatturato del loro supermercato, e questo io ovviamente l’ho modificato, perché è come avere un direttore di fabbrica che non sa quanto produce, cioè una follia. Ciò perché la rete degli ispettori che stava sopra voleva tenersi il dato perché il dato era potere. Un altro piccolo episodio: lavoravo a Camaiore, facevo i latticini, cioè rifornivo i latticini perché dopo che son tornato dall’America ho fatto un anno l’operaio, sono finito a fare l’operaio anche in Esselunga per 3 mesi, e il mio direttore non aveva i turni di riposo. Cioè lui lavorava da lunedì a lunedì a lunedì, non c’era un giorno d’estate, soprattutto non c’era nessun tipo di riposo, poverino, praticamente dormiva in piedi. Quindi queste cose qua ho cercato assolutamente di cambiarle. Poi ho cambiato tutta la parte acquisti, la parte marketing, e il marketing non esisteva, ho creato l’ufficio. Il mio è stato un passaggio epocale che è durato appunto 15 anni e nel momento in cui stava cambiando tutto, e mio padre non lo sopportava.
FRANCESCO CASOLO
Ma cosa non sopportava, il fatto che tu avessi diciamo un ruolo principe in quest’evoluzione, o il fatto che non riuscisse a farsi piacere questi cambiamenti?
GIUSEPPE CAPROTTI
lo lo spiego molto bene nel libro ,dico, credo forse alla fine, non mi ricordo, ma comunque oggi ho parlato con una persona che è stata in Esselunga per 40 anni la quale nel libro mi ha detto dottore suo padre è temuto e stimato, lei è stimato e amato, e questa era una cosa che probabilmente lo ha scatenato, perché questo lo senti, e non è solo questo (che cioè poi erano 13.000 persone!), c’era tutta una serie di cose che non solo proprio gli davano fastidio, io per esempio facevo le riunioni in supermercato, non in sede, andavo dai direttori con tutti i dirigenti che riportavano a me e andavamo a chiedere ai vari capireparto che cosa non andasse, cosa bisognasse fare, e per mio padre questa è una cosa che per lui era sulla luna. Ecco, ricordo, un giorno entrò e fece una battuta sul mio direttore acquisti dell’epoca e disse “eh lui è molto più importante di me”, ho detto “Madonna!”, ed era così.
FRANCESCO CASOLO
E infatti c’è un passaggio nel quale tu vieni intervistato, ti chiamano “signor Esselunga” e qualcuno in famiglia si mette le mani nei capelli e dice qua è finita. Cosa succede?
GIUSEPPE CAPROTTI
Sì sì mia madre, lo ha detto mia madre – che non c’è più e che peraltro [con mio padre] non si potevano soffrire – e ha detto “ti sei suicidato”. È stata la fine di tutto, me ne rendevo conto, ma devo dire che era molto difficile perché non andava mai bene nulla. Allora vi dico solo una cosa: mia sorella si è occupata tanto di altre cose ma non della redditività, la redditività intesa come risultato operativo. L’EBIT è stato moltiplicato per due volte e mezzo dagli anni ‘90 agli inizi degli anni 2000, ecco, di questa cosa non si poteva parlare, tabù assoluto, nel senso che non si poteva parlare di questo [dall’io al noi], abbiamo fatto anche dei sondaggi – vedo che Umberto mi guarda con aria perplessa – ma non si poteva parlare di questo, del cambio di clima perché mio padre diceva che non era vero, non si poteva parlare dei risultati, lo spiego nel libro. A un certo punto dico guarda papà vorrei presentare i dati di bilancio, mi sembra normale in un’azienda di 13.000 persone con qualche miliardo di fatturato: no, io non ci sarò, vedi tu, vedi tu. Ma vedi tu non si può, cioè con Bernardo Caprotti non si poteva vedere, io da solo, con chi poi, scusate. Ecco anche perché le sorelle seguivano lui, tra l’altro le sorelle non lavoravano nel gruppo quindi era un po’ complicata la cosa.
FRANCESCO CASOLO
Parentesi leggera: mi è venuto in mente un altro passaggio molto divertente. Figlio sia di padre che di madre con diciamo ottimi contatti, a un certo punto ti fanno incontrare ragazzino una serie di persone: ho in mente Nureyev, ho in mente David Gilmour, ho in mente… puoi raccontare la serata con Nureyev e come la prese tuo padre?
GIUSEPPE CAPROTTI
Mio padre aveva un servizio bellissimo di cristalleria di Boemia e Nureyev a un certo punto fece come si fa in Russia, quando fai il brindisi poi spacchi tutto. Bernardo non disse nulla ma insomma non era felicissimo di fronte a tanto prestigio e magnificenza [che andava in pezzi].
FRANCESCO CASOLO
A un certo punto fra le innovazioni che riesci a introdurre in qualche modo intuisci che si sta andando nella direzione dell’e-commerce, e c’è una piccola azienda, un piccolo signore americano [Jeff Bezos] che ci sta pensando già, uno che ormai si è impossessato anche della nostra anima.
….
Come si perde questa corsa per cercare di farcela noi e non subire dall’esterno, cosa succede, quali resistenze incontrerai in questo tentativo?
GIUSEPPE CAPROTTI
Allora in realtà non ho incontrato delle resistenze pazzesche perché prima di tutto sono andato io, l’ho scoperto tramite il Belgio, sembrerà poco sexy effettivamente rispetto all’America ma l’e-commerce l’ho scoperto attraverso il Belgio, noi avevamo degli alleati in Europa, avevamo una centrale d’acquisto dove avevamo degli alleati in Belgio a cui tra l’altro vendevamo anche dei prodotti italiani, loro molto simpatici e tutto, e avevano lanciato la loro iniziativa che funzionava molto bene. Allora io cosa feci, andai in Belgio e vidi questa cosa, poi vidi una la pagina di “Time” che aveva messo internet, cioè invece di essere l’uomo dell’anno c’era scritto semplicemente internet, io presi questa foto – ce l’ho ancora nei miei archivi – presi questa foto e gliela mandai [a mio padre] perché portargliela non era proprio semplice e il dialogo quotidiano non era proprio …- quindi noi ci scambiavamo molte, molte, troppe lettere, troppe lettere, ma se no non ci sarebbe stato questo libro – comunque arrivai con questa cosa, “Internet”. A un certo punto gli dissi guarda, c’è questa cosa e poi bisognerebbe anche fare il sito istituzionale, e dice sito istituzionale? A cosa mi serve, e dico guarda che ce l’ha la Coop, ah beh allora lo facciamo subito, non rimaniamo indietro, non sia mai che rimaniamo indietro. E quindi poi abbiamo il sito (magari è venuto anche dopo, adesso non ricordo esattamente), però all’interno [del progetto] c’era tra l’altro un signore che era molto amico di Roger Abravenel di McKinsey, dato che erano entrambi nati in Libia, e devo dire che fu fondamentale McKinsey per aiutare mio padre a ragionare su questa cosa, e quindi portammo avanti l’impresa di e-commerce.
Ma per tornare a Bezos, io non sapevo manco chi fosse, l’ho scoperto dopo, ma la cosa incredibile è che io ho fondato -nessuno lo sa – una libreria on line negli anni ‘90, poi mio padre l’ha smontata ma per dire che si fa, si poteva fare così, cioè oggi su “Affari e Finanza” di “Repubblica” è uscita una classifica delle aziende e-commerce, Esselunga non c’è, ma c’è Amazon! Marketplace, cioè il fatto di vendere per e-commerce diretto dei prodotti e invece far sì che altri vendano ai tuoi clienti i loro prodotti, questa è la cosa vincente che ha fatto Alibaba, che ha fatto Amazon, che hanno fatto altri e che purtroppo L’Italia si è si è persa; non c’è un “big” della grande distribuzione in questa classifica, non uno.
FRANCESCO CASOLO
Di cosa vai più orgoglioso del tuo lavoro in Esselunga?
GIUSEPPE CAPROTTI
Mah, alcune cose le ho già dette, però sicuramente, riprendendo il tema sociale, il bilancio sociale fatto nel 2003. L’altra sera al Franco Parenti è venuto a trovarmi un altro signore che faceva il commercio di prodotti del Commercio equo e solidale. Ecco, ci siamo molto commossi perché ho fatto io i primi prodotti del commercio equo e solidale in Italia, forse anche gli unici della grande distribuzione, non so se Coop poi abbia seguito, forse Conad, comunque fatto sta che queste sono state delle grosse innovazioni, c’è stata tutta la parte del biologico e “Naturama” che a un certo punto fatturava il 10% dell’alimentazione,
e poi io ho fatto un’altra cosa che è divertente, che nessuno sa, ma ho fatto delle cose molto innovative. Cosa c’entra questa mela con l’innovazione? C’entra, perché prima che entrassi [in Esselunga] non si poteva comprare un prodotto sfuso nei supermercati, cioè tu entravi e dovevi comprare sei mele o quattro mele – No! (vedo sempre Umberto che mi guarda, ma per fortuna almeno c’è qualcuno con cui io ho fatto questa cosa), ed è stato molto importante anche dal punto di vista commerciale perché, come mi hanno detto alcuni clienti recentemente – questo a Firenze dice ma la Coop aveva la qualità meno buona, voi avevate la qualità più buona, e quindi il fatto di mettere una mela a un buon prezzo ovviamente è stato anche un servizio sociale [olttre a darci un vantaggio competitivo].
Ecco, diciamo, se voi entrate in un’Esselunga troverete anche i formaggi a servizio. Quelli non c’erano tagliati, cioè tu puoi comprarti oggi una vaschetta con 100 g di formaggio, mi direte banale, ma insomma mica tanto all’epoca, perché questo dà un vantaggio competitivo all’Esselunga e permette alla gente di comprarsi delle cose a poco, di farsi un pranzo a poco. Poi non so, forse avevo messo anche qualcos’altro…
Ah, questo è Non food. Anche di quello direte ma di cosa ci sta parlando, ma questo quando io sono uscito dall’azienda fatturava 700 milioni di euro e un terzo del risultato finale dell’Esselunga, del risultato operativo, quindi sicuramente è una cosa interessante. C’è stato tutto un lavoro pazzesco dietro.
FRANCESCO CASOLO
E poi racconti anche un’altra cosa, diciamo in extremis, quando ormai stai per uscire, riguardante un altro grande gruppo americano che, diciamo 50 anni dopo la famiglia Rockefeller, getta un occhio su questa grande azienda italiana… e cosa succede?
GIUSEPPE CAPROTTI
Eh, lì ho era ero già uscito dall’azienda, e ho avuto la dritta perché qualcuno che lavorava dentro ha trovato gli americani il giorno di Sant’Ambrogio, mi sembra del 2005, nella Data Room . Già stavano facendo vedere i conti agli americani. Ecco, mi hanno telefonato e allora io ho impostato con un amico, l’avvocato Filippo Donati (ovviamente con una banca dietro), abbiamo impostato un’offerta e l’abbiamo messa agli atti. Tra l’altro l’ho riattualizzata, è l’offerta più alta che Esselunga abbia mai ricevuto in assoluto, quindi magari avrebbero dovuto pensarci, ecco.
FRANCESCO CASOLO
Ma intanto Walmart non è entrata. Ecco, questo è già un risultato importante per l’Italia, penso almeno per i lavoratori. Leggo due righe che non sono particolarmente significative per quello che si racconta, ma che secondo me un po’ descrivono il tono. Stiamo parlando del nonno Peppino. “È certo comunque che il nonno Peppino, dopo la fine della guerra, riuscì a ricostruire la ricchezza di famiglia e ritagliarsi un posto di primo piano nel mondo degli imprenditori milanesi. Persone che l’hanno conosciuto mi hanno detto che aveva un grande carisma e, allo stesso tempo, un carattere che poteva essere molto duro, per qualcuno addirittura infernale. Peccato non averlo potuto conoscere.” Passo alla lettera invece del fratello di questo Peppino, che quando Peppino si sposa dice: “il mentore di Peppino, scapolo impenitente, la prese con grazia: ‘Conosco le mogli degli altri ed è perciò che non ne presi una. So però che la costituzione di una famiglia è il minore dei mali quando si è fortunati, e tu potrai essere tra questi. Te lo auguro anzi con tutto il cuore’ gli scrisse, augurandosi pure che la prescelta di Peppino fosse “sana e robusta” e che potesse regalargli ‘dei pronipoti per lo meno degni dei miei muscoli’.”. Quindi sono dei tocchi in mezzo a delle vicende anche tragiche, drammatiche, che ci danno l’idea comunque di uno sguardo che tu sei riuscito ad avere, è anche molto molto personale, cioè è una ricostruzione credo molto precisa degli eventi ma con molta, molta, come dicevo prima, voce, molto stile. Cioè se l’avesse scritto chiunque altro, se fosse stato fatto da qualcun altro non avrebbe sicuramente avuto queste caratteristiche, e quindi complimenti.
GIUSEPPE CAPROTTI
Grazie. Ma tra l’altro il nonno l’ho scoperto, era veramente un personaggio abbastanza incredibile. … ha vissuto a Torino … perché con la crisi del 1929 ha dovuto chiudere la fabbrica tessile ed è riuscito ad avere la rappresentanza della Richard Ginori a Torino, e ha avuto bottega lì per qualche anno, dove praticamente aveva un sacco di amici tra cui Felice Casorati. Poi aveva un gusto anche per l’arte, che gli veniva anche devo dire dalla nonna Marianne che è stata a lungo con lui, finché lui non è morto. E lui è morto che era presidente della Permanente a Milano. Ma è lui che ha fatto il salto socioeconomico proprio della famiglia. Lui è diventato amico dei Pirelli, amico della famiglia Falck, e ha creato la fortuna che ha poi permesso alla famiglia di partecipare a quest’avventura della distribuzione.
FRANCESCO CASOLO
Faccio un’ultima domanda poi lascio a voi la possibilità di fare delle domande. Ho letto in un’intervista che tu hai detto credo di aver avuto due idee di cui vado orgoglioso: uno ti riferivi all’e-commerce, due a quest’idea imprenditoriale successivamente all’esperienza di Esselunga legata a questi bistrò, e poi hai detto adesso aspetto la terza idea. Ce l’hai, una terza idea?
GIUSEPPE CAPROTTI
Ho un’idea molto bella che è quella di seguire le orme del nonno materno, adesso qua si vede. Ecco, sulla scia dell’opera che lui ha fatto sua moglie Carla Fossati Bellani, designer di fama internazionale, ha costituito questa fondazione che porta il suo nome, l’ha costituita ormai quasi 25 anni fa perché il nonno è mancato nel 1998, e io durante il Covid l’ho ripresa in mano. Abbiamo portato avanti, stiamo portando avanti in tutto tre o quattro grossi progetti di cui uno proprio che trovo molto interessante, che è quello di aiutare i giovani adolescenti: è nella zona 7, che è la zona più disagiata di Milano, la zona vicino a San Siro, piazza Selinunte, quella zona lì, e poi è in due paesi, Sovico e Seregno, in Brianza. Dovrebbero coinvolgere 5000 adolescenti, e stiamo soprattutto raccogliendo i bisogni, cioè i bisogni dei ragazzi e delle famiglie dei genitori dei ragazzi, ma anche degli insegnanti perché gli insegnanti sono i leader diciamo dei ragazzi fuori dalla famiglia, e quindi l’obiettivo è proprio quello di dare un contributo e anche di andare oltre, probabilmente riuscire a creare delle reti [sociali]. Questa è già fatta, sono già cinque soggetti, c’è la Fondazione ma c’è anche il Minotauro, le Comunità della Salute che stanno in Brianza e due CSV che sono enti per il volontariato, quindi siamo già cinque ma l’idea è quella di proseguire, riuscire ad aggregare possibilmente altri, molto complicato ma molto secondo me sfidante, interessante e importante Ecco perché l’economia è legata poi alla fine al tessuto sociale, se il tessuto sociale non funziona ha dei grossissimi problemi.
FRANCESCO CASOLO
Ci sono altri progetti?
GIUSEPPE CAPROTTI
Sicuramente. Uno si occupa di sanità mentale sempre in Brianza, ma è non è legato solo agli adolescenti ma agli adolescenti e agli adulti, e soprattutto alle persone povere che non se lo possono permettere [di accedere alle cure specifiche].
Poi un altro progetto importante è sicuramente legato al cambiamento climatico, di cui ormai mai nessuno sente più parlare: a Nuova Deli fanno 47° in questi giorni, ma tutto va bene. Nella realtà la Brianza è stata colpitissima, i terreni vicino a casa mia – li ho monitorati, sono 25 ettari – hanno perso il 15% degli alberi di alto fusto [in un anno] e adesso sto cercando di convincere il Parco regionale Valle del Lambro a cambiare specie [arboree], sembra una cosa banale ma non è proprio banale per niente, è un progetto enorme anche perché poi basta che piova come negli ultimi tre mesi e improvvisamente l’acqua è un problema, il vento è un problema e le specie hanno dei grossissimi problemi dovuti a questi continui sbalzi e alle invasioni di malattie che io in questo momento ho, quindi c’è un grossissimo problema di cui nessuno parla. Ovviamente degli adolescenti per fortuna se ne parla, come dimostra questo articolo del “Corriere della Sera” di pochi giorni fa, ma invece ho l’impressione che questo Paese sulla parte cambiamento climatico sia molto così, con la testa tra le nuvole, e invece è un problema che colpisce adesso. Si parlava prima, non mi ricordo con chi, dei prezzi della frutta e verdura. Vedete, sui prezzi della frutta e della verdura colpisce l’inflazione, colpisce il tenore di vita delle persone, cioè adesso, a parte le battute, ma sono cose importantissime. Ecco, secondo me – anche da dove abito io c’è una certa percezione della cosa, eh beh certo, vediamo il ghiacciaio assottigliarsi, a parte quest’anno, da marzo in avanti ha nevicato tantissimo, però sono lì da 6 o 7 anni e il cambiamento è proprio visibile a occhio nudo, perché per raggiungere il ghiacciaio cresce sempre di più la distanza.
Non voglio fare un comizio, ma vorrei semplicemente dire che all’estero – perché io leggo i giornali esteri tantissimo – all’estero è un dato assodato quello che in Italia viene ancora messo in discussione, cioè che ci sia il cambiamento climatico. Io leggo il “Wall Street Journal” che è proprio Fox-oriented [un giornale conservatore], e non è una discussione, è come affrontarlo, cioè tutto l’approccio alla cosa non è rimesso in discussione, è più pragmatico e meno ideologico, non c’è nessuna ideologizzazione, semplicemente cosa facciamo visto che abbiamo un problema in Florida piuttosto che in Nuovo Messico o piuttosto che in India.
FRANCESCO CASOLO
Ecco, come dicevo prima ci sono delle domande, qualcuno vuole farne, ha qualche curiosità, vuole fare qualche domanda? Ecco, grazie.
DOMANDA
Avevo già avuto il piacere e l’onore di conoscere il dottor Caprotti a Verona il 23 di gennaio, e come può vedere ho letto con molta attenzione il libro, che consiglio a tutti coloro che non l’avessero ancora fatto di leggere perché è scritto con il rigore dello storico e con l’attenzione del cronista e devo dire con parecchia, come dire, obiettività. Però io le faccio una domanda che riguarda una battuta che lei aveva fatto nelle fasi conclusive dell’incontro di Verona, che Esselunga, e forse anche buona parte della distribuzione italiana, sta perdendo quote o comunque c’è una crisi in atto. Io parto un pochino più da lontano perché non mi occupo di grande distribuzione alimentare ma di distribuzione di ricambi auto, che hanno una self-life chiaramente più lunga, quindi sotto questo aspetto è un problema in meno, ma rispetto a quel modello di finanza familiare degli anni del boom economico – e lei con estremo rigore fa riferimenti all’IBEC, a Rockfeller, quindi anche alla ricerca all’epoca da parte di questi imprenditori americani che si affacciavano a un’Italia da ricostruire di partner locali che finanziassero gli americani, designavano i partner, mettevano diciamo il capitale e poi dopo, una volta raggiunti gli obiettivi, suo padre riuscì a rilevare diciamo Esselunga – ma a me quello che interessa capire è oggi. Oltre al problema climatico abbiamo un problema demografico. L’Italia ha un’età mediana di 48 anni, l’Europa di 44, l’India di 28, la Cina di 39, e siamo tutti abbastanza preoccupati per il futuro. Agli occhi di questo cambiamento sostanziale che ha anche delle implicazioni finanziarie, perché sembra ormai tramontata l’epoca, per citare un testo di Alan Friedman quando era ancora il corrispondente del Financial Times, “Tutto in famiglia”, sembra che quel modello finanziario del “tutto in famiglia” sia tramontato. Lei alla luce della sua esperienza notevole come vede i prossimi non dico 20 ma i prossimi 5 o 10 anni nel mondo della grande distribuzione alimentare?
GIUSEPPE CAPROTTI
Appunto. Allora, io non credo che sia solo un problema della distribuzione alimentare. è un problema allargato. Faccio un esempio: un grande opinionista francese ha scritto recentemente – trova tutto sul mio sito – che le marche, le grandi marche, nel 2023 hanno espresso con nuovi articoli appena lo 0,6% del loro fatturato. Ecco questo dato era 5 volte superiore 4 anni fa; vuol dire che le grandi marche, come la grande distribuzione, come la gente comune ha subito una crisi molto forte, non siamo finiti in una grossa recessione, per fortuna, ma le grandi marche prima di lanciare un prodotto se ne guardano bene, ecco, cioè devono essere molto più sicure perché sennò sono soldi buttati al vento, nel senso che un nuovo detersivo, una novità qualsiasi, un nuovo tipo di biscotti rischia di essere un enorme flop, quindi è un problema che riguarda tutti. La grande distribuzione francese negli ultimi 5 anni ha perso quasi 2 miliardi di fatturato. E il problema [si] riattacca alla questione delle quote, non è tanto un problema della distribuzione italiana, è un problema globale perché sono entrati nuovi attori, abbiamo parlato prima di Amazon, ci sono i cinesi, non se ne parla ma in Europa sono fortissimi con Internet, Temu, Shein, e poi ci sono i discount tedeschi o olandesi in Francia, la catena più considerata che piace di più è una catena olandese che c’è anche in Italia, si chiama Action, che in francese Action – se volete in inglese, come volete voi, ma nessuno ne sente parlare, però è un’azienda che tra l’altro non fa pubblicità, ha avuto un successo talmente forte sui social, va da sola cioè la gente fa il tam-tam sulle nuove aperture, dice guarda vai a comprare in quel negozio lì perché piace l’offerta, i prezzi piacciono, quindi il mercato si restringe, come dice lei a demografia non ci favorisce perché la popolazione scende, ma è un bicchiere che si sta restringendo. Dove appunto la Procter and Gamble, la Coca-Cola, la Ferrero, prima di lanciare qualsiasi cosa si guardano bene quindi non è un problema di perdite di quota, l’Italia ha perso il treno sulla parte tecnologica quello è sicuro, quella è la cosa grave, non è una questione di aver perso quote di mercato è proprio una questione che peraltro ha perso ma è soprattutto secondo me una questione tecnologica. Prego.
DOMANDA
Vorrei parlare di questo libro perché è un libro molto straordinario, molto speciale, è un libro che incrocia almeno tre filoni importanti, nel mio caso un quarto perché ho la fortuna di essere buon amico e conoscente di Giuseppe, ho scoperto che Giuseppe è il figlio, che non sapevo che fosse, di una carissima amica che era la Giorgina Venosta e ci ritroviamo con la Fondazione, ma togliamo gli aspetti personali che comunque qui ci sono tre storie che si incrociano. Ho ascoltato con molto interesse l’evidenza data alle componenti commerciali, operative, industriali diciamo così, all’economia finanziaria, ma qui c’è la storia di un figlio e di un padre di una famiglia e poi c’è la storia di un’evoluzione, quindi una storia di sentimenti e di rapporti e non soltanto di sentimenti di educazione, e poi c’è la storia di un contrasto che è fortissimo di cui si è parlato molto anche pubblicamente, che riguarda però un figlio e un imprenditore intelligente, aperto e innovativo contro un’altra forma di un’altra mentalità di concepire un’impresa di queste dimensioni, queste importanza, quindi qui è terza cosa ,il fatto che una persona che ha una storia così complessa, così straordinariamente complessa – perché parliamo di personaggi di grande statura -, è la storia di un narratore, di uno che ha scritto un libro, un’autobiografia sostanzialmente E chi scrive un libro o un libro ha esigenze di un certo tipo di risultato. Vi sono tre ottiche nel leggere questo libro: la lettura di un’autobiografia, di un narratore e devo dirti, caro Giuseppe, bravissimo, da editore te lo dico, ma è la storia tormentata di un [Applauso] figlio, la storia terribile di un figlio, adesso io non voglio portare in pubblico queste cose ma anche sul piano della sofferenza personale, intellettuale, devo dire [una storia] non facile, quindi, come queste mie povere parole forse [fanno] capire ,è un libro di una complessità e di un impegno che poi hai giustamente detto pagato caro, [lo] hai anche sottolineato, e tu stesso lo dici, [è] l’incrocio con la storia del nostro paese e in particolare di questa parte d’Italia, quindi mi permetto di dire queste poche parole – che sono leggermente propagandistiche ma lo sono perché non c’entra il quarto fattore personale – ma devo dire che il libro veramente merita di essere letto, ed è molto interessante da leggere sotto questi tre filoni. Mi rimane un dubbio: il problema del rapporto tra il figlio e il padre, e il problema dell’imprenditore innovativo nei confronti di un imprenditore che invece trattiene, ha le caratteristiche che avete detto, cioè quindi un rapporto di un figlio verso un padre e di un padre verso un figlio? È una cosa molto complessa. Grazie.
GIUSEPPE CAPROTTI
Umberto, grazie. Non so cosa potrei chiarire, ecco non so cosa. Sì molto, molto [complessa] perché poi ogni volta, a parte i figli di un dio minore, di cose sgradevoli non se ne parla, ma giustamente, io penso sia anche così, però insomma [il rapporto padrfe-figlio] ha avuto una degenerazione anche penale molto molto forte, molto, ed è stata una delle ragioni, ecco, dà una spiegazione per la quale non ho potuto iniziare a scriverlo [il libro] prima del 2019; è il momento, tra l’altro, in cui ho incontrato Marco Brunelli che mi ha dato l’assist, diciamo. Ecco, non so.
FRANCESCO CASOLO
Ecco sì, certo, c’è quel signore- ci sono due signori.
DOMANDA
Sull’assist di Brunelli sarebbe interessante capire qual è stato.
GIUSEPPE CAPROTTI
Certo. Mio nonno, dicevo, è stato è stato a Torino per un lungo tempo, poi torna dal Albiate con sua moglie e questo avviene prima della seconda guerra mondiale. Durante la guerra avvengono tanti fatti; uno dei fatti importanti è che gli americani testano le loro aziende, e ritorniamo agli argomenti relativi al largo consumo e alla distribuzione. Rockefeller già negli anni ‘30 e negli anni ‘40 aveva investito sia nell’agricoltura che nei supermercati ,perché l’obiettivo degli americani era abbassare il prezzo del cibo. Il suo grande training è nella Seconda Guerra Mondiale proprio, e c’è un bellissimo filmato lo trovate sul mio sito per chi è interessato, di Will che conoscete penso tutti, che sono un gruppo di ragazzi giornalisti che spiegano questa cosa, e io ho partecipato a questa spiegazione in cui si capisce che gli americani contrastano, vogliono contrastare l’Unione Sovietica anche con la distribuzione.
Quindi Rockfeller nel ’47, subito dopo la guerra, fonda la IBEC che sarà la sua azienda che poi fonderà 10 anni dopo l’Esselunga, e nel ‘47 mio nonno [Peppino], perché un cugino di sua moglie [Marianne Maire] è nell’ufficio di Truman quindi accede ai fondi del piano Marshall ed è uno dei primi ad accedervi (quindi :da Washington arriva una telefonata ad Albiate…. quindi lui accede al Piano Marshall e nel contempo rilancia la fabbrica, rilancia il tessile e da lì parte lo sviluppo della famiglia perché lui da Albiate sbarca a Milano, diventa per esempio membro del Clubino ma non era scontato dalla Brianza, e quindi fa la sua ascesa anche sociale;
e nel contempo Rockfeller nel ‘55 contatta un ex membro del servizio di spionaggio – questo è il simbolo del controspionaggio americano prima della CIA, OSS-Office of strategic Services. Questo signore si chiamava James Hugh Angleton, non ve l’ho messo perché non è bellissimo, ho preferito mettere il logo. James Hugh Angleton era il capo della Camera di Commercio americana in Italia nonché il rappresentante della NCR che vende casse ai commercianti, quindi era proprio nell’ambiente.
Suo figlio sarà il capo del controspionaggio mondiale della CIA; è rappresentato in un film interpretato da Matt Damon e di cui la regia è di Bob De Niro, … che presumibilmente [la rappresentanza della NCR], secondo me, è una copertura ma per carità non lo sapremo mai, fatto sta che lui è stato nel controspionaggio, è stato in Italia durante la guerra, parla italiano abbastanza bene perché era stato in Italia 7 anni prima della guerra sempre come capo della NCR, stava in Corso Venezia al 47, ci sono tutti gli archivi.
Cosa succede: questo ex colonnello dell’OSS si presenta a una mostra che Brunelli fa, una mostra del 700 veneziano di cui io ho ancora il catalogo, il comitato promotore di questa mostra [annovera] i Crespi, Brunelli, mia nonna e tutta una serie di – Quindi Brunelli mette insieme un parterre di italiani che possono essere i soci minoritari di Rockefeller, il quale sta sondando il mercato italiano per capire se impiantare un’impresa in Italia. Lui l’impresa ce l’ha già. l’ha fondata 8 anni prima, e quest’impresa tra l’altro negli anni ‘60 aveva 12.000 dipendenti su cinque continenti, è proprio una cosa molto grossa la IBEC, e quindi nel ‘55 sonda, nel ‘56 manda il suo uomo che sarà il primo amministratore delegato di Esselunga che si chiama Richard Boogaart, e che veniva dal Kansas.
E quindi gli americani mettono il 51% del capitale, tutto il loro know-how. Il management all’inizio sarà solo americano o quasi esclusivamente, per esempio sul taglio della carne la gestione prettamente operativa di certe cose sono loro i “re”, sono loro che hanno inventato i supermercati negli anni ‘30 in Sudamerica ma anche soprattutto in America e quindi nel ‘57 [la società] viene fondata, i soci italiani hanno passato l’esame di non comunismo. Eh sì, perché quello è un piccolo problema. Siamo in pieno maccartismo tra l’altro, quindi c’è proprio il contrasto con l’Unione Sovietica, cioè la caccia alle streghe del famoso senatore McCarthy in America, e viene fondata questa azienda dove per 8 anni gli americani avranno il management, poi però subentrerà mio padre mentre uno dei fratelli, Guido Caprotti, rimarrà nel tessile che è un’azienda che verrà chiusa solo nel 2009, e l’altro fratello invece si occuperà della filiale fiorentina che verrà aperta nel 1961.
Ecco questo è un po’ il quadro. Brunelli è stata la svolta. è stato il primo presidente, è stato anche il maggiore azionista. All’inizio era lui l’uomo dei contatti con Nelson Rockfeller, lui e l’amministratore dei Crespi che si chiamava Bertolini, erano i due uomini di fiducia in Italia, e con lui c’era proprio questo rapporto. Devo dire, a onor del vero, che gli americani la nostra famiglia non sapevano neanche chi fosse. All’inizio c’è un telegramma, in famiglia, di Rockfeller che ringraziava per una cena, mandato a mio zio Guido che era il secondogenito, che non era assolutamente leader della famiglia, e quindi per dire che mio padre non sapevano neanche praticamente chi fosse. Tra l’altro si trova a pagina 60 un episodio dove dicono ma chi è questo qua, chi sono i due fratelli eccetera, cioè il ruolo, il mito della nascita della distribuzione del largo consumo in mano agli europei è proprio un mito, nel senso che sono gli americani che hanno portato loro il know-how, i capitali e gli uomini… Sì sì ma questo mi sembrava abbastanza chiaro, nel senso che beh, il 51% con un’azienda americana, l’amministratore delegato americano, credo che lo sottostima un po’, è chiaro, non so, mi sembra evidente, più evidente di così…ecco loro erano i consulenti di Rockefeller. Se volete ecco, invece di usare la McKinsey che ho citato usavano questi personaggi; tra l’altro questo James Hugh Angleton è nei verbali dell’archivio di Rockefeller, nel senso che lui partecipava proprio alle riunioni. Ora, lui ormai era in pensione dall’OSS quindi però insomma diciamo che c’era una certa commistione tra servizi segreti e – prego!
DOMANDA
Ho letto il libro con grande interesse e ho ritrovato alcuni passaggi anche della mia della mia storia, perché io sono stato tra i fondatori in Italia di Rai Infoscan. Mi ha incuriosito molto il passaggio perché io ricordo che Esselunga era già attiva in Italia prima ancora che ci fosse la l’attivazione delle, diciamo, delle attività e quindi, proseguendo la lettura, ho ritrovato tanti spunti e volevo chiederle: quegli anni iniziali degli anni 90 in cui lei ha fatto credo una magnifica esperienza a Chicago, credo eh?, e direttamente negli Stati Uniti, come ha avuto l’idea di portare poi in anticipo questa innovazione dei dati, sostanzialmente delle analisi di mercato? La ringrazio.
GIUSEPPE CAPROTTI
Allora, ecco, mi ha riportato indietro di tanti anni, grazie [Musica]. Come dicevo prima parlando dei direttori, all’interno avevamo un problema culturale molto forte ovviamente perché il personale, diciamo quello che potrebbe essere definito di sala o di supermercato, non sapeva assolutamente nulla, ma non sapeva nulla neanche la testa. Diciamo gli Acquisti: gli Acquisti ragionavano in termini molto grossolani, in termini di margine lordo, avevamo all’interno delle persone che avevano dei settori e credevano di guadagnare un sacco di soldi o di far guadagnare un sacco di soldi all’azienda, nella realtà non era così, e quindi io appena ho visto quello che succedeva a Chicago ho detto questo è uno dei progetti che io devo portare alla mia azienda, cioè passare alla fase della conoscenza diffusa in azienda. Quindi noi abbiamo implementato con un gruppo di giovani la famosa contabilità industriale in tutta l’azienda. Ci ho messo 10 anni a fare questo lavoro, è stato un lavoro sanguinoso, difficilissimo, e era supportato anche dalle aziende come l’Iri perché ci davano una visione del mercato importante su tutte le categorie in tutti i settori, soprattutto del largo consumo. Sul fresco ovviamente era molto più complicato il discorso. Come dice Umberto il libro è molto ampio, forse – anzi sicuramente – io do per scontate delle cose perché avendo fatto 20 presentazioni, mi capirete, non so neanche più cosa abbia detto la precedente quindi a volte magari do per scontato delle cose. Noi siamo arrivati attraverso questi metodi, che ovviamente non vi sto ad esporre perché sarebbero noiosi, al risultato netto per ogni prodotto, il che vuol dire la redditività di ogni prodotto – le acque perdono un sacco di soldi, le pile ne fanno guadagnare, o il vino fa guadagnare soldi e la pasta no, ecco dico per fare degli esempi proprio banali – e dove andare a indirizzare i nostri sforzi, a cercare dove non siamo forti di rafforzarci commercialmente. Non so se ho risposto…
DOMANDA
Allora tocca a me. I supermercati americani hanno rovinato la nutrizione negli Stati Uniti [forse hanno iniziato i produttori?], questo purtroppo è un fatto, privilegiando esattamente questo approccio invece dell’approccio spero italiano, spero eterno, di cercare il cibo buono anche fresco, materie prime invece di secondarie. Loro hanno puntato sul fare ultra-high processed food che adesso si rivela altamente velenoso. I risultati si vedono quando scendono gli americani da un autobus, pesano 2 tonnellate perché mangiano queste schifezze, però devo dire che vedo nei supermercati italiani un incrociarsi – encroachment – con l’arrivo di più cibi industriali, e la pubblicità per le merendine, tutte queste schifezze. Dunque la mia domanda è questa: secondo voi, voi italiani sarete l’eccezione a questa regola e combatterete contro, malgrado la necessità anche di avere dei supermercati, oppure le regole dell’economia, del – come si dice – il declino verso il più basso si imporrà? Ecco la mia domanda.
GIUSEPPE CAPROTTI
Allora, abbiamo parlato per i giornali di budget promo pubblicitari, d’industria che comanda anche nelle redazioni dei giornali, perché è così, perché le notizie non vengono date oppure vengono date – faccio un esempio. Proprio l’altro giorno, l’altro ieri, sabato mi sembra, c’era una pagina enorme sul “Corriere della Sera” su McDonald’s. Ora siccome io non sono nato ieri è evidente che questa arriva da un budget promo, cioè io ti do tanti soldi e tu mi fai una bella paginona in cui dici che McDonald’s usa prodotti italiani, usa prodotti DOP, usa prodotti IGP – per chi sapesse che cosa sono, perché poi vai a cercare che cosa sono! – ma comunque cerca di dire che vende cibo italiano di qualità. McDonald’s! Ecco, quindi le logiche purtroppo sono un po’ queste. Stiamo parlando della parte editoriale ma nella distribuzione io ho fatto, tra le tante cose ho fatto, una lotta molto pesante contro Coca-cola, ma molto forte. Coca-cola come regola il lavoro con i distributori? Con i budget promozionali. Ma non è solo Coca-Cola, ogni azienda di distribuzione ha almeno un 15% di contributi promozionali sul fatturato, fatturo un miliardo ricevo 150 milioni all’anno per fare promozioni.
Tutti quegli scaffali che voi trovate a Natale presi da un certo fornitore piemontese per vendere il Mon Cheri piuttosto che il Rocher o quello che è sono comprati all’inizio dell’anno. Questo è il sistema che viene usato, tra l’altro è stato inventato in Francia ma chi se ne importa, ormai sono cose degli anni ’80, però è un fenomeno che è andato crescendo e quindi queste grosse aziende hanno un peso fortissimo, condizionano tantissimo gli scaffali, capito, spero che sia chiaro è così per tutti, Barilla, Unilever…
LAMBERTO [VALLARINO GANCIA]
Ti faccio due domande.
Ma questo patrimonio di esperienza straordinaria che tu hai io poi l’ho vissuto anche con te personalmente, perché veramente hai dato una svolta alla grande distribuzione quando hai preso in mano l’azienda. Questo patrimonio lo continui in qualche modo a dare anche nel tuo settore oppure hai proprio chiuso un capitolo, e perché? Hai ancora tanto da dare se rappresenti uno di quegli imprenditori che può dare veramente una svolta, e migliorare anche la qualità della vita che tutti noi oggi stiamo vivendo, perché i prodotti sostenibili, tutto il lavoro che hai fatto anche sulla profittabilità di prodotti, è importante perché poi l’impresa deve stare in piedi e deve dare lavoro, e questa è la mia prima domanda. La seconda: venendo da un’azienda familiare, avendo vissuto esperienze simili e diverse, secondo me questo libro è un utile – hai fatto 20 presentazioni! -, è molto utile per altri imprenditori che o stanno facendo il passaggio generazionale o che hanno questi temi caldi in famiglia, o che si sono, come stai facendo tu, anche un po’ reinventati con i nuovi business che vanno sul sociale ma che vanno anche su un qualcosa di positivo, che è un po’ anche la nostra mission di imprenditori, cioè non mollare mai e cercare sempre di fare il bene per gli altri, per l’impresa e per le persone che ti stanno intorno. Grazie.
GIUSEPPE CAPROTTI
Allora, io ovviamente ho qualche idea su dei progetti che mi interessano, però non ne posso ancora parlare, ne ho due in mente, tra l’altro hanno un po’ attinenza all’informazione quindi magari saranno utili nel tempo a contrastare questo peggioramento della qualità del cibo che io vedo, perché questo è un po’ quello che io sento. Ecco, poi nella distribuzione magari non sarà on side, sarà qualcosa di diverso.
Forse ho ormai la mente dello scrittore più che del critico e del distributore vero e proprio, anche perché costa tantissimo fare il distributore e sinceramente il mercato è un po’ saturo.
Invece quello che riguarda il terzo settore c’è sicuramente – forse ho un pochino risposto già prima – ecco, perché io sinceramente penso di entrare sempre di più in questa cosa, devo essere sincero, a un certo punto lo consideravo diminutivo, però ho scoperto mio nonno [Guido Venosta] e questo viaggio è stato importante perché al di là del libro è stato anche quello che c’è stato intorno al libro, ho usato una delle parole importanti, imprenditore e manager quando ho parlato di mio nonno materno, e questo completa il quadro, l’impresa sociale completa il quadro economico, cioè un po’ era la risposta che ho dato a quel signore prima; ecco, forse c’è veramente tanto bisogno visto che i fondi anche sono stati abbassati tantissimo soprattutto per il disagio giovanile.
Perché stiamo parlando di persone che hanno problemi di anoressia, che hanno problemi di suicidio, di questo stiamo parlando, non stiamo parlando, di giovani viziati che si grattano la pancia, ce ne saranno ma noi ci occupiamo di quelli a cui pensano i genitori o gli insegnanti, se riescono. Ecco perché quello è un altro problema, tra l’altro, quello che si è riscontrato dal primo approccio al territorio di questo progetto che è partito veramente da poco, quello di cui parlavo prima è che gli insegnanti hanno un grandissimo bisogno di sostegno ancor più forse dei genitori perché si trovano delle ore, ore e ore con questi ragazzini che hanno veramente delle problematiche fortissime, e poi teniamo conto, come dicevo prima, che per l’80% non parlano le stesse lingue, c’è l’ucraino con il russo e l’arabo, e le varie etnie arabe non si parlano, il cinese, cioè c’è veramente di tutto e di più. Ecco, quindi non so non so se ho risposto, se non ho risposto riprendetevi.
FRANCESCO CASOLO
Direi che abbiamo cominciato parlando di relazioni padre e figlio che forse si stanno esaurendo, abbiamo parlato delle origini di questa grande azienda, di questa grande storia e come, vedete ci ritroviamo due ore dopo a parlare di presente e di futuro. Credo che questa sia la conferma di quanto si è detto nelle ultime due ore, ossia che questo libro, questa storia solleva un sacco di temi. Solleva un sacco di aspetti interessanti per leggere e decifrare la realtà. Quindi riporto l’invito a leggerlo, e grazie dell’attenzione e pazienza e tutto il resto.
Guarda il video integrale della presentazione:
Guarda le foto della serata:
Guarda i reel: