Redatto a marzo 2021, aggiornato il 15 agosto 2022
Ho scritto questo pezzo perchè, in un incontro con produttori, agricoltori, consulenti e distributori, mi è stato chiesto “quale potrebbe essere il negozio del futuro”.
E poi per chiarire il concetto di dark store sul quale, mi pare, si sia creata un pò di confusione.
Premessa: i negozi saranno più piccoli e probabilmente con molti meno articoli di oggi.
1) Ho già parlato dei “dark stores” in un precedente post che spiegava come Whole Foods (Amazon) e Kroger (terzo distributore USA) , durante il lockdown, avessero convertito alcuni loro negozi a magazzino.
I dark stores sono negozi tradizionali (supermercati, superstore, ipermercati) che sono stati convertiti a magazzino con raggio d’azione locale : “Dark stores are traditional retail stores that have been converted to local fulfillment centers.
They come in the form of grocery stores, clothing brands and home goods retailers.25 apr 2020″ ( Dark Stores Are The Future Of Post-Pandemic Retail – Forbes ).
E aggiungo : questi negozi sono stati convertiti parzialmente o completamente.
Il superstore di Monza dal quale partimmo con l’avventura di Esselunga a Casa nel 2001 era, parzialmente, un dark store poichè una parte della sua superficie commerciale era adibita a magazzino, con il personale che prelevava le spese e-commerce dagli scaffali ( vedi la foto in copertina).
Sotto il sacco in tela del Whole Foods di Bryant Park, che è stato convertito a dark store durante la pandemia del coronavirus e che ho visitato personalmente nel 2018 (Usa e Canada 2018 distribuzione food).

A proposito dei dark stores Mario Gasbarrino, su LinkedIn ha scritto, a margine del mio post:
“Giuseppe Caprotti non solo l’ ho fatto ( con Unes nel 2016* , è ancora in funzione , va alla stragrande , è stato ( adesso non so ) al primo posto o ai primissimi posti come vendite al mq tra tutti gli esperimenti di partnership tra Amazon Prime Now nel Mondo ( alla faccia di quelli che dicono che l’ Italia è diversa, diversa da chi ? ) .
Attenzione però: il difficile non è riconvertire un negozio tradizionale in hashtag#darkstore , è di rendere sostenibile il progetto ( che vuol dire avere una piattaforma di interfaccia ed una rete logistica e volumi sufficienti : hashtag#e-commerce è come la bicicletta , se non sai pedalare e se non vai veloce cadi e ti fai male !
Occhio a non entrarci tutti senza essere preparati e pronti , vi ricordate quando arrivarono i discounts la prima volta e tutti si improvvisarono ? Il 50% di quelli che ci entrarono non ci sono più !”…
Questo format sarà perfetto per superstore e ipermercati da riconvertire, togliendo non food, a patto, come dice Mario Gasbarrino, di non improvvisare.
L’e-commerce non è quindi “aggirabile”, nonostante gli investimenti e le perdite,aggravate dal coronavirus , leggi in proposito : Amazon e il coronavirus : luci ed ombre.
Ovviamente ci sono “mille” altre tipologie di negozi/magazzini già presenti sotto ai nostri occhi, oltre ai dark stores:
2) i click and collect agricoli (in Francia esistono più di 300 magazzini di questo tipo. Ovviamente, oltre all’e-commerce, in Italia potrebbero contenere un area di vendita di prodotti agricoli e un’ area degustazione- bar)
3) i negozi piccoli, simili ad Esselunga Sottocasa ( quelli di quell’epoca)
4) i drive , magazzini e-commerce, che possono avere una parte della superficie dedicata a negozio o a bar- ristorante (vedi sotto il caso Leclerc).

5) i negozi contaminati (*) delle grandi marche, che , anche in Italia, pare, si siano lanciate nell’e-commerce (es.: Parmalat) attraverso siti o piattaforme di consegne dedicate (vedi foto sotto del cornetto Algida Unilever).
(*) contaminati perchè a volte by-passano la grande distribuzione vendendo prodotti, mentre altre volte somministrano cibo e bevande come il Magnum store di Venezia.
Per Parmalat ho detto “pare” perchè non ho trovato il loro sito.
Alla fine di questo incontro mi è stato chiesto che progetto vorrei sviluppare se potessi farlo oggi.
la mia risposta è : il magazzino e-commerce che volevo sviluppare in Germania, con Esselunga, all’inizio degli anni 2000, per vendere prodotti confezionati agli italiani espatriati in Europa che erano più di 2,5 milioni nel 2017.

In conclusione : i modelli futuribili della distribuzione sono già qui, basta volerli vedere.
Per essere ancora più chiari : il format decisamente più redditizio in Esselunga era il 1’500 mq. di Sesto San Giovanni.
Ovviamente a questo punto di vendita andrebbe aggiunto il servizio “delivery” (consegne in negozio e/o a domicilio), come facevamo già, più di 20 anni fa in Esselunga.
Ma non era solo della GD che volevo parlare in questo pezzo : come si è visto dagli esempi citati sopra agricoltori, produttori e distributori si scontrano ormai nella distribuzione diretta e ognuno può modellare i propri negozi/magazzini come ritiene più opportuno.
Per completare il quadro ascolta l’intervista di Cristina Lazzati : L’e-commerce per gdo e industria di marca secondo Giuseppe Caprotti e Mario Gasbarrino (prima puntata).
Per ulteriori aggiornamenti del 24 marzo 2021 leggi : Dark store e dark kitchen negli USA, in Francia, In Spagna. E in Italia?
E per il 2022 leggi :
E-commerce : cresce solo con il click and collect?
Delivery : una sola grande ghost kitchen per tutti gli operatori (in Italia)?
Le vendite di Zalando arretrano per la prima volta negli ultimi 14 anni
Alibaba : scendono i ricavi per la prima volta dal 2014
Nota finale : nonostante il riflusso post covid dell’e-commerce credo che quest’ultimo continuerà ad avere un ruolo importante nella distribuzione, sulla scorta di quanto avviene sul mercato transalpino e di ciò che avviene negli USA, dove Amazon, il 28 luglio 2022 ha annunciato ricavi ancora in salita, in un range che va da +13 a +17% (anche se la crescita potrebbe esser più dovuta ad Amazon Web Services e alla pubblicità che non all’e-commerce).



