Sopra : pesche tabaccheria Carrefour Terre d’Italia , un prodotto premium veramente buono .
Articolo redatto il 9 luglio, aggiornato il 29 settembre 2022
Su Carrefour leggi anche Carrefour : fatturato a + 17,2%) . Sul marchio privato leggi : Nei consumi vince la private label
Scorrendo il quotidiano francese Le Monde sono rimasto affascinato da questa storia di marketing di successo : Moez – Alexandre Zouari è un self-made man della gd francese: è partito facendo il franchisee di un negozio Casino – e adesso, con un patrimonio stimato a 800 milioni di €. dirige 1500 punti di vendita, food e non food.
Il sig. Zouari vede grandi potenzialità nel non food perchè la gd francese l’ha “mollato”, lasciando spazio a catene discount di non alimentari, come Action (presente anche in Italia) e ad Amazon.
E fa questa disamina del mercato francese :
“per vent’anni i consumi … sono stati costituiti dalla gamma media.
Da qualche anno si vede una polarizzazione del consumo , all’immagine della società… con una frangia della popolazione che ricerca la qualità, eccellenza operativa, il 5 stelle “.
E un’altra parte “dove il cliente ha bisogno di prezzi, perchè la crisi del potere d’acquisto crea frustrazione”
E’ così in Francia ed è così anche negli Stati Uniti: il mercato sembra dividersi sempre di più in due parti polarizzate ( questa tendenza sembra trovare conferme nell’export del biologico italiano che ha segnato un più 16% rispetto al 2021).
E in Italia?

Le vendite delle Mdd
Il biologico ha finito il suo ciclo di vita comunicazionale: ai prodotti non è più sufficiente il suffisso bio per garantirsi le vendite.
È uno dei trend individuati da Nielsen IQ. Sta aumentando il peso dei primi prezzi in modo consistente per la domanda di convenienza.
I prodotti core, il cuore delle Mdd, marche del distributore, stanno incrementando le vendite. Crescono i prodotti premium.
Qundi la spesa non è solo “low cost”.
La chart sotto evidenzia la crescita/decrescita :
- mdd + 2,9%
- bio – 3,3%
- primo prezzo + 6,7%
- premium + 9,6%
La polarizzazione c’è anche qui, in Italia (salgono i primi prezzi ed il premium).

Ma apprendiamo che la spesa totale di prodotti bio, in Italia, è scesa, nei primi 5 mesi del 2022, del 4,6%, per la prima volta dopo 20 anni.
La conferma arriva dalla grande distribuzione : “Durante i primi cinque mesi del 2022, però, nei soli acquisti presso la grande distribuzione, si nota un’ulteriore riduzione dell’1,9% su base annua, in un contesto che, in questo caso, è invece di crescita generalizzata dei prezzi. Ben diverso è invece l’andamento dell’agroalimentare convenzionale che segna, nello stesso periodo, un incoraggiante +1,8%”.
Ciò è avvenuto, secondo me, per svariati motivi:
- l’avvento della crisi (covid, inflazione, guerra, e cambiamento climatico) , con la discountizzazione imperante.
- i prezzi dei prodotti, troppo cari in alcune catene specializzate . Nella filiera italiana del biologico vi sono molti rivenditori/grossisti e la vendita, spesso, non è diretta.
- il biologico non è più alla moda e – ad esempio – Federico Rampini lo attacca, ignorando che la situazione dello Sri Lanka , a corto di fertilizzanti, è molto più complessa di come la descrive. Si tratta quindi di una disputa molto superficiale, “radical chic” tra lui e Concita De Gregorio, che però danneggia l’agricoltura biologica.
- nonostante i proclami di “sostenibilità” molti attori della distribuzione hanno preferito, nel tempo, prodotti locali o “senza” (lattosio, glutine, polifosfati etc.).
- la GDO ha fatto poco o nulla per far crescere questo settore (leggi: Biologico nella GD italiana : tanto rumore per nulla?).
Infatti se Nielsen qualche tempo aveva annunciato : biologico cresce l’incidenza sui beni di largo consumo nella GDO …

… guardando alla Francia si scopre che questa % è quasi la metà di quella francese nel 2021, pari al 6,63%.
E’ sceso però meno di tutto l’alimentare (-2,28%).
Ed è in crescita nella vendita diretta (+ 7,9%), dove i prezzi sono più bassi e la Francia ha una rete di drive (click and collect) agricola molto ben sviluppata.
In Italia, i dati danno un fatturato del biologico a 6,9 miliardi di € (nel 2020) e una rete e-commerce agricola sicuramente non all’altezza di quella francese (i dati del mercato francese ed italiano sono del tutto indicativi poichè, molto probabilmente, vengono calcolati con metodologie differenti. es.: in quelli italiani c’è l’export ma non so se sia così anche per quelli del mercato francese. Dai dati del Ministero dell’agricoltura transalpino non si direbbe).
L’Express, sul calo sopracitato, ha titolato “delusione bio”.

Ma , tornando all’Italia, nella polarizzazione, mi sembra manchi una visione : prima di tutto il prodotto a marchio privato deve essere buono (un concetto non sempre chiaro a tutti, è quindi giusto ribadirlo).
Figuriamoci il premium .
Ma chi ha detto che premium , biologico, prodotto “senza”, articolo locale (in proposito leggi NielsenIQ: il 36% dei consumatori italiani acquista più marche diverse tra loro rispetto al pre-pandemia) non possano coincidere in una linea, che contempli il bio ove è possibile ?
Una sorta di cappello che abbia diverse declinazioni.
Possibile che nessuno ci abbia pensato?
Si direbbe di sì.
Intanto sul biologico investe solo la gd francese o tedesca.

Quando lanciai Esselunga bio la problematica per me non esisteva : il bio coincideva con il posizionamento premium.
Sotto, in fondo, trovate la mia idea : Esselunga Bio doveva essere il prodotto migliore (n.b. : Fidel era il marchio di primo prezzo di Esselunga, all’epoca).
E se il bio non è “perfetto” dal punto di vista ecologico, è comunque meno inquinante di molti prodotti convenzionali : non viene irrorato, ad esempio, per definizione di glifosato o con pesticidi sintetici, che rischiano di inquinare ulteriormente la falda acquifera (*).
Per approfondire : Biologico, in Italia è legge: significato e vantaggi per salute e ambiente
Conclusione : avere meno marchi è una scelta sostenibile, soprattutto dal punto di vista economico.
E non lo dico solo io, ovviamente.
Leggi in proposito due riflessioni – una di Andrea Petronio, di Bain and co. e l’altra del Financial Times – su cosa può fare in questo contesto il retail che vuole resistere?
Ci sono poi alcuni segnali pratici : l’annunciata riduzione degli assortimenti della Coop e questi buoni prodotti di frutta e verdura di Carrefour, non poco per chi , come me, fatica – da cliente – a trovare prodotti mangiabili nelle gd italiana.
Speriamo che qualcuno segua l’esempio dell’azienda francese e punti a costruire, nel marchio privato, “the best”, facendo anche chiarezza a scaffale.
(*) sull’argomento leggi anche Pesticidi , la UE decide : “no ai tagli” del 50% entro il 2030



