Gli americani hanno insegnato il mestiere ai manager e agli imprenditori di Esselunga.
Che siano stati i manager di Nelson Rockefeller, Charles Fitzmorris, Tom Wilson o i colleghi della Dominick’s poco importa, il bilancio sul know how apportato è stato determinante per Esselunga e per la distribuzione italiana.
Ecco alcuni esempi delle innovazioni ispirate al modello americano:
- impostazione dei supermercati, del primo magazzino, nonchè delle produzioni e dei primi articoli a marchio privato, all’insegna della qualità (1957- 1965)
- informatizzazione dell’azienda , con un sistema operativo collegato tra magazzino e acquisti (primi anni ’70)
- la Fidaty (primi anni ’90)
- impostazione dei superstore che sono ormai il format più usato nello sviluppo di Esselunga ( 1988- 1989 e primi anni ’90).
Il passaggio da un format tradizionale, il supermercato a prevalenza alimentare, a un nuovo modello di business – il superstore – con non food, servizi e una piccola galleria commerciale, ha comportato anche una forte modernizzazione del modello gestionale, con:
a) la contabilità industriale, implementata dal 1991 al 2001 con il DPP.
b) i dati di mercato ,di provenienza IRI.
Entrambi i metodi provenivano dagli USA.
Negli Stati uniti vennero copiati perfino dei dettagli come il badge portato dai dipendenti, i cartelli delle corsie dei superstore o le strutture per tenere i pannolini , presenti nei negozi più piccoli.
E’ quindi agli USA che si continua a guardare, ancora oggi, per capire dove va il mondo della distribuzione e del largo consumo nel mondo.
In un recente viaggio negli Stati Uniti ho potuto rilevare, al netto dell’e-commerce (del quale ho già parlato, in due articoli su Walmart e uno sulle promozioni pre-natalizie), le seguenti tendenze:
- il cibo, come in gran Bretagna, ormai c’è dove prima non c’era: ad esempio da Walgreens e da Target
2. alcune marche partono dal core business, ad esempio il whisky o la somministrazione di caffè, per fare delle escursioni in altri “territori” : fanno quelle che in gergo si chiamano delle brand extension.
E’ il caso di Jack Daniel’s e di Mc Donald’s.
Ma il cambiamento più importante lo porta avanti la Campbell’s soup con l’entrata nel mercato del biologico.
Riparleremo del bio a breve ma chi volesse capire gli ultimi orientamenti delle grandi marche negli Usa può leggere: Usa le nuove tendenze del cibo o anche le grandi marche sono sempre più in crisi
3. localismo (Per capire meglio cos’è il localismo leggi.).
Si manifesta in due modi:
a) con i Farmer’s Market ( i mercati degli agricoltori) e i mercati in generale, dai quali sembra ispirarsi anche Eataly per la frutta e verdura
b) nella GD, soprattutto da Whole Foods e da Kroger che è, con 109 miliardi di $ di fatturato nel 2015, la seconda catena alimentare del paese, dopo Walmart.
Da notare che anche Amazon (che l’anno scorso ha fatturato 107 miliardi di $ (*)) nella sua libreria, consiglia di leggere “local” (= libri di scrittori del luogo, v.ultima foto).
(*) 99 sono da ascriversi all’e-commerce, il restante al cloud computing.
4. biologico ( in inglese organic):
a) ormai è ovunque.
E Whole Foods che negli USA ne è stato il pioniere , come Esselunga lo è stata in Italia , presa nella morsa di Walmart e Kroger, sta meditando di creare un’altra catena bio
b) cibo più salutare:
- Whole Foods , con altre catene, ha introdotto un assortimento di olio extra vergine d’oliva che prima non esisteva. Impensabile qualche anno fa una catena che vende solo olio extra vergine come “Sotto voce”.
- In molte zone l’accesso al cibo salutare non è così facile (neanche in Italia, vedi articolo di Sette). Per ovviare a questi problemi il sindaco di Chicago Rahm Emanuel ha deciso di finanziare l’arrivo di Whole Foods in una zona disagiata di Chicago. D’altronde l’attenzione alla qualità non è da tutti: Walmart, non essendosi accorta del vento che cambia, vende ancora prodotti a marchio proprio con contenuti di high fructose che portano diabete e cancro.
- Il mondo della produzione e della distribuzione sembra diviso tra partigiani o meno degli ogm e questo è un indice di maggior consapevolezza dei consumatori e dei distributori (= ” cosa mi danno da mangiare?”).
5. Amazon, attraverso la vendita di libri veicola cultura anche attraverso la sua libreria fisica.
6. Fast Food: veg , mex, gelati , sush e tentativi di upgrading con Starbucks e Mc Donald’s, come già visto in Giappone, nel 2015. Le ultime due foto si riferiscono a quel paese.
7. Fast Food : consegne a casa e automatizzazione dei processi con Peet’s e Mc Donald’s (Italia)
8. I prodotti italian sounding che allargano il mercato potenziale dei prodotti italiani ma anche la minaccia della concorrenza sleale…
Alcuni prodotti che vedete nelle foto sono veramente italiani e quindi positivi (come il parmigiano o l’acqua di Whole Foods), altri meno.
Sta di fatto che negli USA non vige l’obbligo dell’iscrizione del luogo di produzione sugli alimentari e quindi l’ondata di prodotti italian sounding ha vita facile :
i biscotti di Whole Foods, con la loro provenienza, – vedi foto sotto – sono un’eccezione, non la regola.
Donald Trump ha parlato di possibili dazi del 20% per i prodotti alimentari europei .
Se si guarda la foto che segue non si capisce molto il perchè di queste affermazioni :
il formaggio prodotto in Svizzera costa già molto di più di quello fatto negli USA.
Ci auguriamo che dalle dichiarazioni elettorali non si passi ai fatti…
Sotto: davanti alla sede di Amazon, in costruzione.
Abbiamo incontrato dei funzionari dell’azienda nello stabile di fronte
Prima stesura del 12 dicembre 2016